Quest'autunno, per la prima inconcepibile volta, mi ero persa il Natale: non lo sentivo più. Potevo ben cercarlo sotto il letto, tra le scartoffie, con il naso al vento, ma l'avevo smarrito strada facendo. Dov'erano finiti i buchi sospetti nel calendario dell'avvento, la cera da grattare via di nascosto dalla tovaglia buona, il gatto che studia le palline dell'albero? Dov'erano finiti quei vini rustici e densi da far brontolare la mamma e i cappellacci rossi che mi obbligava ad infilare per non prendere freddo? Dove, lo scatolone sigillato con lo scotch da cui tirare fuori l'albero tossendo per la polvere? La polaroid da scattare in fretta per poi fare a gara su chi doveva tenerla al buio fino alla comparsa dell'immagine? (lo ammetto, ho sempre sbirciato prima del tempo!) E le babucce di lana fatte dalla nonna? Il panettone senza canditi? Il marzapane che avrei tanto voluto che mi piacesse, perchè sapeva di feste e di magia e di pino freddo, e invece quel cialtrone continuava a non volermi piacere? Andati. Li avevo persi insieme al gioco di scovare ogni anno la prima traccia del Natale che arriva, quella lucina nel cortile dei vicini o il luccichio di un nastro argentato in un negozio del centro che inequivocabilmente ti spifferavano che sì, anche per quest'anno ce l'avevamo fatta. Li avevo persi perché mi mancavi, perchè madonna che freddo, mi ero comprata quella sciarpa e giravo come un fiocco di neve ambulante ma non teneva caldo neanche lontanamente come la stufa accesa in casa tua, che non vedo dall'inverno scorso, e qui non vediamo neanche il cielo da giorni.. se ne sta lì, indolente, sopra le nuvole. Perchè le nostre passeggiate mano nella mano io le conto sulle punte delle dita, perchè non c'è mai tempo per quei momenti stupidi da coppia, telefonarci senza un motivo o annoiarci l'uno dell'altra in una domenica pomeriggio uggiosa. Perchè tutte quelle cose che avrei voluto che mi dicessi, tu non me le hai dette mai. E' una distanza da coda e calzini, la nostra; mi ricordo di un ragazzo a cui piacevo con la coda di cavallo a scoprirmi la nuca, un ragazzo a cui piacevo con le calze, quelle con la riga sexy posteriore; a un ragazzo piacevano le mie canottierine smilze e gli occhi grandi, e ad un altro i calzini di spugna sulle gambe nude e svegliarsi per uscire insieme a comprare il giornale. Ma di te, a volte, queste cose ancora non le so. Però ti ho trovato. Ti ho trovato perchè in questi due anni io mi sono fidata ciecamente di tutte le cose che nonmi hai detto; ti ho trovato perchè corri a prendermi sotto la pioggia, per quando ti fidi, per aver guidato tutte quelle ore al posto mio ed esserti fatto scoprire mentre davi da mangiare a un gabbiano; perchè quando camminiamo una dietro l'altro ogni tanto ti volti per controllare che io sia ancora lì. Vi ho trovati fra i cannelloni di zucca riusciti troppo dolci e lo champagne da bere a Parigi quando torni, nei canditi da spiluccare e lasciare da parte e nel baseball che sono tornata a respirare, anche se poi nessuno qui riusciva a capire la mia esaltazione commossa per palle curve e fuoricampo. Ho trovato il Natale della compilation su cui lavorare un mese per ascoltarla un giorno, di neve, di telefonate a mollo su un'isoletta tropicale, un Natale in cui vedere e sentire soltanto chi avevo voglia di vedere e sentire. Ho trovato questo post che, senza saperlo, parla di me:
"...Questo Natale è il tuo, amore mio che brilli. Lo so che è incredibile ma non conosci altra stagione che il Natale, tu, perchè sei nata il 20 dicembre, vivi da soli 5 giorni e hai sempre visto questo albero luccicante, in casa. Ti c'incanti di fronte; guardi le luci e le stelle e gli angeli e chissà: forse questo ti sembra l'unico mondo possibile. Stare appesi a un ramo nella mezzaluce, a guardare le brutture del mondo affannarsi laggiù per terra."
E allora ho capito perchè il giorno dopo mi sento triste, quando le luci iniziano a spegnersi e nel treno vuoto del ritorno al lavoro per consolarmi comincio a ballare da sola. Quando scendo dal treno e una ventata gelida mi spazza e la mia vicina di posto vola in braccio al fidanzato che era al binario ad aspettarla ed io sto ascoltando quella parte triste di Space Oddity e notoriamente non ho un buon rapporto con le basse temperature e il mio ragazzo il più delle volte non può aspettarmi al binario e soprattutto le luci hanno cominciato a spegnersi, e così mi viene da piangere. Perchè io sono il Natale.
E' iniziato tutto domenica sera al concerto dei Killing Floor, e probabilmente la presenza della plf avrebbe dovuto insospettirmi: tirata, truccata - l'universo non poteva restarne indenne. Eppure sembrava la solita esistenza: io che continuavo a far pipì per la combinazione ferale spritz+basse temperature, Andrea che nel bel mezzo del concerto (a proposito, sempre più bravi) tralasciando Jimmy Paige si mette tranquillamente a dialogare per comunicarmi, che so, Sai che c'è anche Freddie ora lo cerco così poi te lo mando. Forse avrei dovuto mettermi sul chi vive per via delle mancate mozzarelline, o peggio per quel mojito dallo strano strano sapore. La tragedia, infatti, non si è fatta attendere. La scena successiva con il Babu è qualcosa di cui Tarantino andrebbe particolarmente fiero, con quell'accostare al volo la macchina per i miei 5 secondi di débacle e ripartire al volo subito dopo senza fare una piega come neanche Harvey Keytel e Michael Madsen dopo le peggiori sniffate a Puerto Rico. Tuttavia, ancora non sospettavo a sufficienza, attribuendo lo spiacevole incidente all'alcol (seppur con consistenti riserve, dal momento che non avevo superato i 4 bicchieri e non stavo male per 4 bicchieri da... da mai, suppongo). L'universo ha cominciato a sbriciolarsi il mattino seguente. Nell'ordine: - ho vomitato l'anima per circa 3 giorni, comprendendo istantaneamente la storia delle casalinghe che votano Silvio perchè, sebbene mia madre non guardi la tv e non voti Silvio, solo 2 giorni trascorsi davanti allo schermo nelle fasce orarie 10-13 e 14-18 mi hanno convinta che le mie aspirazioni più grandiose sono i tatuaggi di Fabrizio Corona, le tagliatelle di nonna Pina e i rubinetti di Palazzo Grazioli. - la tastiera del Vaio ha iniziato a funzionare troppo, premendo tasti che io non premevo, poi non premendo tasti che io premevo, infine premendo tasti diversi da quelli che premevo io (addirittura commutandoli in combinazioni di tasti, motivo per cui il mio desktop si è trasformato in una specie di twinkle twinkle little star) - presa dal tristo pensiero che'l cor mi raggruma di dover spedire via il mio pc per farlo aggiustare e di sentire quindi ancora meno il Tomtom per le prossime settimane (come se già le cose andassero da favola...), ho cominciato a salvare dati negli hd esterni, dai quali provvedevo a recuperare spazio eliminando i file obsoleti e, presa da questo dio Swiffer dei dati inutili, ho finito per cancellare erroneamente tutte, tutte le mie foto dall'hd.
Per favore, un minuto di silenzio.
Ok, c'è di peggio. Gente che va al GF. Gente che va al GF a regalarci formidabili sentenze come "Meglio un giorno da leoni che CENTO DA MILLE", su cui baserò l'intera mia vita consapevole da oggi in poi. Un dj che scopre di essere il figlio biologico di Charles Manson. No, forse era peggio il GF.
Non è che avessi proprio tutta questa voglia di dedicarmici, ma il mio umore anzichè risollevarsi si lancia di giorno in giorno giù giù negli abissi profondi e negli anfratti più prodigiosi del centro della terra. Fissare inebetita lo schermo del pc. Non lavorare. Non usare nessun muscolo, nessun organo vitale (in particolar modo il cervello), perfino nessun malfunzionamento, neanche una piccola, consolatoria extrasistole. Sentirsi sollevata per il cellulare che non si accende. Irritarsi per ogni mosca, ogni scarpa che cigola, ogni leghista che esiste.Qualcuno ha visto in giro il mio entusiasmo per favore? Quella cosa piccola e gialla che faceva incessantemente parte di me? Quella cosa maldestra che con tanto amore mi ha condotta a vele spiegate verso le più allegre, enormi cazzate della mia vita? Perciò, ecco, forse è il caso di tirarsi un po' su con la C.P. (che detta così suona sinistramente come un esame radiologico) & so the winner is...
Per la categoria "White Christmas" La nevicata artificiale di Pechino, che in un periodo in cui a fine Novembre si fa il bagno in Sud Italia ci riporta un po' ai nostri amati punti fermi di bambini.
Per la categoria "I just called to say I love you" La Roccia che, per dimostrarmi che non è gay, mi chiede il numero di telefono.
Per la categoria "Bella senz'anima" Io che sono così educata, ma così educata che anche quando vado in sauna sudo solo di schiena.
Per la categoria "La macchina del capo" La serata uggiosa di domenica in cui Raven ed io (dopo il suo amichevole scambio di eVVe con la Lauretta) restiamo allegramente appiedati in quel di Bassano... almeno fino all'esatto istante in cui il suo amico, partito da Galliera in nostro soccorso, ci raggiunge con i cavi e la esanime auto, vedendolo, forse per paura dell'elettroshock decide di ripartire. Non prima che gli svariati mezzi e mezzi abbiano permesso al soggetto di sproloquiare in modo molto divertente sulle opportunità più o meno lecite di verificare il mio concetto di fondoschiena, e ad un amico del soggetto di scambiare il mio anello verde per un romantico anello di fidanzamento.
Per la categoria "La locomotiva" Pausa che mi segue per tutta la palestra, e la Petra che segue Pausa che mi segue per tutta la palestra. E' finita con una specie di pic nic nella zona addominali.
Per la categoria "Strangers in the Night" La palma d'oro e cioè Marm che decide di farmi una sorpresa un martedì mentre mi asciugo i capelli e litigo con la sensibilità da ippopotamo del Tomtom, e senza che io sappia nulla (in effetti, trattandosi di una sorpresa..) si presenta sotto casa mia alle 11 di sera. Non riuscendo a contattarmi (per aver egli ucciso il mio telefono) mi fa cercare da una terza persona con cui io chiacchiero al pc per circa tre quarti d'ora assolutamente convinta che sia lui e ritenendolo perciò al sicuro nella sua stanza, nonchè chiedendomi per tutto il tempo: a) da dove esca quel nuovo spiritoso vezzo di parlare di se stesso in terza persona b) come mai continui a scherzare sul fatto che ci sia qualcosa sotto casa mia. Quando, dopo un ragionevole tempo che può averlo fisicamente portato all'assideramento, capisco che il motivo per cui parlava in terza persona è che si trattava effettivamente di una terza persona, inizio a vagare per tutte le finestre di casa senza però trovarlo e scoprendo così che non era affatto sotto casa mia. Così, dopo una quantità imprecisata di tempo durante il quale lui distribuisce il mio indirizzo di posta a chiunque lo voglia ed io non riesco ad uscire di casa per motivi nobilmente tecnici (cose semplici e un po' banali come: una cucina smontata davanti alla porta di casa, un genitore che non posso svegliare per rimontarla in quanto è a letto con la febbre; ma cosa vuoi che sia;), giunge il momento della resa. Senza, purtroppo, che io abbia potuto capire a quale abitazione abbia regalato queste 2 ore di stalking credendo che si trattasse della mia. The end. (a parte per il fatto che il mattino dopo, priva della mia consueta sveglia al cellulare, mi sono gioiosamente presa in ritardo)
There's too many people you used to know they see you coming they see you go baby you're lost baby you're a lost cause i'm tired of fighting fighting for a lost cause
House: Hai fatto il medico oltreoceano? Grumpy: Sono stato con Medici Senza Frontiere per otto anni. House: Ta daaa! Grumpy: E' nel mio curriculum House: David Copperfield nasconde il 6 di cuori in una bottiglia di birra, fa colpo lo stesso. Se ti piacciono i posti esotici, che ci fai qui? Grumpy: Voglio questo lavoro. House: Genitori malati? Grumpy: No, io.. è solo che... House: Non è il lavoro che vuoi. E' il codice postale in cui si svolge questo lavoro che vuoi. Fidanzato? Grumpy: Sì House: Ta daaa! Grumpy: Non mi è permesso crescere e cambiare le mie priorità? House: Ti è consentito. La gente di solito non lo fa.
And we drive, now that i have found someone
i'm feeling more alone, than i ever have before.
(grazie a: Beck, 5 serie di House, Ben Folds Five)
…ed è andata così che ieri mi sono sentita uno schifo, mi sono sentita una piccola egocentrica per tutta la notte perché quando l’ho saputo stavo parlando con una persona che mi fa sentire calda, sai nel senso di warm, di virtuale abbraccio anche se non abbraccia per niente, ed andava bene perchè ultimamente ho sempre freddo; ultimamente la persona che dovrebbe riscaldarmi non fa altro che chiudermi fuori al gelo e questa volta volevo rimanere dentro a quello spazio caldo, volevo fermarmi lì e fare finta di niente, di non aver saputo, solo per continuare il discorso - un discorso come un altro ma avrei voluto continuare a sentirmi così, come qualcuno che si siede sulle scale non accettando il trasloco, e bloccare i grovigli che montavano, fermare il ricordo di cosa stavo facendo “l’altra” volta, di quella fetta di prosciutto che conosco a memoria, e il telefono che squillava mentre l’avvolgevo al grissino, quante volte l’avrò rivista quella scena con Francesco che diceva “Novi”, poi mi chiedeva scusa e a me i muscoli iniziavano a tremare, non dicevo più niente e continuavo a tremare - non lo volevo di nuovo addosso questo pensiero disossato da far tremare i muscoli, tanto che - me lo ricordo - il giorno dopo mi faceva male tutto il corpo.
Una piccola egocentrica che voleva solo continuare a stare in quello spazietto sicuro in cui non ricordare quello che mi tormenta in questi giorni, quanto mi manca il Tomtom e quanto lo sento lontano per quello che ci siamo detti l’ultima volta; e soprattutto non dover più ricordare quel minuto in cui è capitato a me. È come tornare a qualcosa quando credevi fosse finita, e io volevo solo, egoisticamente, non tornarci.
e uno che hai voglia ad aspettare un tempo sognato che viene di notte e un altro di giorno teso come un lino a sventolare. C'è un tempo negato e uno segreto un tempo distante che è roba degli altri un momento che era meglio partire e quella volta che noi due era meglio parlarci.
C'è un tempo perfetto per fare silenzio guardare il passaggio del sole d'estate e saper raccontare ai nostri bambini quando è l'ora muta delle fate. C'è un giorno che ci siamo perduti come smarrire un anello in un prato e c'era tutto un programma futuro che non abbiamo avverato. È tempo che sfugge, niente paura che prima o poi ci riprende perché c'è tempo, c'è tempo c'è tempo, c'è tempo per questo mare infinito di gente.
Dio, è proprio tanto che piove e da un anno non torno da mezz'ora sono qui arruffato dentro una sala d'aspetto di un tram che non viene non essere gelosa di me della mia vita non essere gelosa di me non essere mai gelosa di me. C'è un tempo d'aspetto come dicevo qualcosa di buono che verrà un attimo fotografato, dipinto, segnato e quello dopo perduto via senza nemmeno voler sapere come sarebbe stata la sua fotografia. C'è un tempo bellissimo tutto sudato una stagione ribelle l'istante in cui scocca l'unica freccia che arriva alla volta celeste e trafigge le stelle è un giorno che tutta la gente si tende la mano è il medesimo istante per tutti che sarà benedetto, io credo da molto lontano è il tempo che è finalmente o quando ci si capisce un tempo in cui mi vedrai accanto a te nuovamente mano alla mano che buffi saremo se non ci avranno nemmeno avvisato. Dicono che c'è un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare io dico che c'era un tempo sognato che bisognava sognare.
La bambina ha gli occhi neri di fuliggine, l’aria quieta e impolverata di chi non è curata abbastanza: non è l’aspetto, è il modo di muoversi, di guardarti in tralice e percepire subito le cose. Non posso seguirla tutto il tempo ma lei non me lo chiede, non se lo aspetta. Mi chiede soltanto, mentre ci sono, di prenderla: prendere quello che mi dà, i suoi racconti, il suo tempo, le sue confidenze. Di prendere i suoi pastelli per disegnare con lei, sperando che io faccia un disegno migliore del suo perché, fosse solo per un’ora, ha bisogno di qualcuno di migliore. Non è facile dare, lasciare che qualcuno si appoggi, perché prima devi essere e se il tuo essere in quel momento è un'incespicanza... be', devi ritrovare il passo. Ho conosciuto persone che usavano sempre troppi paroloni, e poi? Vedi delle foto di una persona a distanza di tempo e la ritrovi uguale a prima: le stesse righe nei maglioni, le stesse espressioni, gli stessi capelli. Le stesse pose nelle foto con la nuova ragazza di quelle che aveva con la precedente. Com’è possibile restare uguali, restare immobili? Tanta misera linearità, com'è possibile che si convinca di avere qualcosa da dare, di poter amare? Come puoi passare attraverso le cose che ti succedono così indenne? Anche il ragazzo due giorni fa in palestra aveva paura di qualcosa. Quello che correva più veloce di me, nella stanza rossa piena di specchi e riusciva ad essere bello anche sotto la luce impietosamente artificiale. Correva come se scappasse da qualcosa, senza il tempo di fermarsi a ciarlare, sbuffando per immagazzinare aria. Ma va bene la paura. Significa che ti accorgi. Allora mi sono fermata, ho respirato. Ho iniziato a scegliere ogni giorno un colore diverso per la mia giornata: i vestiti, il trucco, l’umore sono diventati viola, verdi, blu. Ho comprato una sciarpa che fa quasi da maglione, perché se una cosa che il Tomtom aspetta sono quei brulè con cui scaldarsi nel freddo pungente dell’inverno che troverà al suo ritorno, posso dargliela. Anche se è una cosa piccola. Anche se il gelo mi terrorizza. Perché se lui non fa parte della mia quotidianità, allora comprerò una sciarpa e farò parte della sua. E poi, poi ho pensato che erano passati 4 anni.
Il mio gatto ha gli occhi d’oro e mi fissa. Ha gli occhi grandi, bistrati di un kajal indelebile e felino, e quando mi fissa così a lungo ha delle rivelazioni da farmi su me stessa con la sua consapevolezza di meticcio. Ci sono cose che non esistono più, le lucciole d’estate e le acacie del giardino di Matteo. E poi le cabilne telefoniche: le vedi smagrite in mezzo alla nebbia autunnale e pensi, dove vanno le cabine telefoniche quando non servono? Che fine hanno fatto i gettoni? Ci sono cose che si perdono e, forse, non puoi più recuperare. Mi piace quando è estate e la sera saliamo a cenare in qualche posticino scovato in collina, così poi nessuno dei due ha più voglia di scendere. Ma ogni volta che vai via perdo la capacità di guardarti, e dormire insieme a te: quanto mi ci vorrà per riconquistarla? Fa troppo freddo; il mare è lontano e le rondini troppo poche. Le gocce di pioggia si ingrossano: sotto la pioggia mi manchi molto.
Castagne che sparlano e uno sfrigolio di fogie secche
Percorri un viale alberato come nel più banale dei clìches dopo esserti lasciata alle spalle meli coi rami che si azzuffano e il tuo giubbotto da aviatore e la crema di zucca e i formaggi stagionati e castagne che sparlano arrostendo e il gatto sopra al letto e la boscaglia che si rannicchia infreddolita e capisci che non puoi mica sottrarti, è autunno e il vento sparpaglia foglie gialle e arancio mentre cadono dai rami crepitando.
Mi sono dovuta fermare. Ho lasciato la macchina sul ciglio per sentirle croccare mentre ci camminavo sopra: è il mio modo di vivere le cose, come un cieco, sarà che un po' cieca lo sono ma proprio non posso limitarmi a passare guardandole dal finestrino chiuso. Ho bisogno di camminarci in mezzo e annusare e godermi quello sfrigolio che fanno quando sono secche.
Io lo so che lui fa il possibile.
Ma darei tutte queste mail e queste telefonate invisibili per un momento stupido come quello in cui sale in macchina e si toglie il giubbotto lanciandolo sul sedile di dietro perchè in quello a fianco ci sono io.
In fondo non dovrei mica lamentarmi; è come tornare giovani giovani, adolescenti rumorosi pieni di idee precise e piercing, che riducono i rapporti umani a una chat in messenger. Con la piccola differenza che loro lo fanno in continenti in cui messenger funziona, tra le altre cose. A voler guardare la pagliuzza, ecco. Però insomma, si tratta pur sempre di uno stile di comunicazione ggiovine dentro. Poi è affascinante mettere alla prova le tue capacità linguistiche, empatiche, analitiche: uno ti telefona e dato che capisci metà delle cose che ti dice, l'altra metà ti conferma quanto lo conosci perchè non sentendola devi intuirla da sola per fornire un senso integro al discorso. Man mano che la telefonata prosegue, la metà di facile comprensione si riduce a un terzo di media comprensione, e allora anche le tue risposte ritardano perchè ci metti di più a ricostruire, dare una logica, pensare alla ribattuta. A quel punto, di solito, lui è in piedi sul tetto della jeep per fare da antenna umana. Trucco che spudoratamente non funziona, perchè la linea cade. Una, due, tre volte. Durante le pause hai anche il tempo di ripensare alle volte in cui hai mangiato a costo di stare male solo per fargli compagnia, per esempio quel gelato in Croazia per cui hai visto ripetutamente la morte. O alla volta in cui correva sotto l'acquazzone per venire a prenderti, con una buffa smorfia seccata per il maltempo, ma poi ha alzato lo sguardo e per averti vista si è messo a sorridere in modo istantaneo. Puoi pensare a certi regali, a certe luci, alle volte in cui ti sei persa ed è venuto a ripescarti, alle discussioni in riva al fiume, ai libri scambiati, ai discorsi infiniti e alle mucche a cui dare un nome; puoi ripensare aibrulè tenuti con due mani per potergli rubare il calore in una serata ventosa d'inverno, fingendo che ricordare ti basti. La telefonata riprende senza che la frammentata conversazione diventi mai una conversazione vera, attestandosi su livelli da ascensore, ciao come stai, governo ladro, senti che freddo, hai bevuto un brulè? Fingo di rispondere con il tono allegro e vivace di chi è contento di sentirlo e si diverte un sacco anche quando manca, o che quello che abbiamo significhi portare avanti una storia. Quando mettiamo giù il telefono (meglio: quando si mette giù da solo) entra la gatta come chi ha tutta l'aria di voler consolare con un'industriale quantità di fusa la sua povera umana. E mentre sfogo sulla sofficiosa tutte le carenze, penso che alla fine ho più scambi umani con alcuni miei palestranti che con lui. E' una pesante pagliuzza.
Tra un groviglio e l'altro ho anche i miei deus ex machina che mi permettono di recuperare terreno. Per esempio frugare per un pomeriggio intero nel ripostiglio dei miei vecchi libri e giochi di bambina; ritrovare le mie pagine, i miei pupazzi, i miei piccoli mondi con la loro piccola polvere. Ritrovare Incisivo, la pianola, la macchina da scrivere rossa e tutte le sensazioni di quando me li hanno regalati. Ritrovare le mie pagine scarabocchiate sui libri preferiti, l'Isola felice, i Playmobil e tutti i territori sconosciuti in cui mi hanno scaraventata. Ritrovare lettere, bagagli, biglietti e messaggi da condividere con una risata con chi se li ricorda ancora. O, per esempio, una domenica sera con persone che mi piacciono, la Salvietta che incontra Raven, la loro sintonia: avevo dimenticato, in quest'ultimo periodo, quanto sia bello, confortante, importante avere vicino le persone cui tieni. Senza temere tutto il tempo che se ne vadano, o che succeda un'imboscata. Averle semplicemente con me. Hanno detto - che non ho saputo riconoscere l'amicizia falsa. (persone che conosco poco ma che sembrano riconoscere molto, meglio di me indubbiamente) Hanno detto - senza dire - che allo stesso modo mi affanno su qualcosa che non c'è. C'è una scelta giusta? La pervicacia, la fedeltà? O la serenità su cui incespico ogni giorno senza afferrarla? Io che vivo di grovigli e di domande, posso farcela da sola così a lungo? Non lo so. Ma: esiste per Novella la serenità senza coerenza? Non credo. Eppure. Giovedì sera, una sauna vuota e 5 minuti di chiacchiere che diventano 45: perchè non può essere così?
Succede che rimani a parlare con qualcuno del concetto di "Vorrei ma non voglio e poi non posso" fino all'1.30 di notte. Succede che poi non riesci più a dormire. Succede che oggi sei stanca e aggrovigliata. E poi, che succede?
A volte prendere quello che ti succede con leggerezza è un modo per sopravvivergli. A volte esci e pensi di aspettare Corazzon sotto casa stanotte perchè aveva assicurato che domani sarebbe arrivato il freddo. Domani. A volte ridacchi ripensando alle caustiche teorie di braghy su chi ti è amico per finta e per convenienza e alle sue rimostranze perchè per la seconda volta di fila ti sei vestita "troppo", secondo i suoi canoni, per andare in palestra. A volte tutto questo ti fa bene, perchè ti permette di evitare il pensiero dell'articolo che hai letto stamattina appena sveglia, quello su Medici Senza Frontiere che torna in Afghanistan e tu lo sapevi che sarebbe tornata in Afghanistan perchè sapevi chi ci sarebbe dovuto essere. Soprattutto, ti permette di evitare il pensiero sul perchè MSF se n'era andata dall'Afghanistan, 5 anni fa. Te lo ricordi bene. 5 anni, 5 persone. Concentrarsi sul freddo ti allontana gentilmente dalle sensazioni di questa mattina mentre leggevi quell'articolo e le lacrime spingevano, spingevano e pungevano e poi spingevano ancora. In questi momenti la lontananza sembra davvero il problema minore, il più facile da gestire, da digerire. Ma questo. Come puoi sopportarlo ancora?
1) Nel mondo ci sono tante teste di cazzo che non meritano necessariamente di essere investite in retromarcia, ma proprio non riesco a perdonarmi di aver stimato una persona meschina e inutilmente presuntuosa. 2) Quell'inaspettato angolo di serenità domenica a Treviso... grazie. 3) Il karma fa davvero schifo. it sucks. Sta lì in agguato a mostrarti quello di cui hai bisogno a tradimento, proprio quando ne hai più bisogno, quando sei profondamente stanca e demoralizzata e in litigio, e soprattutto fa in modo che te lo offrano le persone sbagliate. Per esempio, quella persona che ti piace tanto, senza implicazioni, che all'improvviso ti dice che sei cieca e non hai capito niente. 4) Macchina sotto il sole e cioccolato in macchina non sono due buoni compagni di banco. 5) Certe persone ti cagano (ti amano, ti venerano) solo quando sono infelici e bisognose. parole, parole, parole. 6) La guardia dei miei protettori palestranti si è estesa, dopo gli esseri umani, anche alle zanzare, essendo io "taaanto dolce" (cit) 7) Errare è divino 8) Dov'è Lee Osvald quando ti serve?? 9) Quando penso troppo, sale la nebbia. 10) A quanto pare ho un segugio privato: vedi post a seguire, tenendo a mente il punto 3. 11) Chi di rotolo ferisce, di rotolo perisce. Oh gentile karma, so di aver nascosto tutta la carta igienica (e lo scottex, e i fazzoletti, e i tovaglioli...) a mio cugino, ma tu dovevi proprio tentare di soffocarmi tra le spire di 8 metri di cintura di sicurezza? Neanche ci stanno, 8 metri di cintura di sicurezza nella mia macchina: ho dovuto aprire il finestrino! 12) Esattamente, perchè un aereo questa mattina avrebbe dovuto tentare di atterrare sopra la mia testa? 13) Ho una compilation in testa che piacerebbe a Morgan: Talking Heads, Cream, De andrè, Smiths, Luigi Tenco. 14) Non importa quanto mi mandi a rotoli, se litighiamo, non importa se sono così aggrovigliata che mi faccio investire dalle macchine e cado dalle scale. Ti darò sempre il beneficio del dubbio.
Letterina al mio amico Buddha sulla reincarnazione
Caro Buddha, come stai? Non ti spaventare se ti scrivo, ma mi piacerebbe avere qualche informazione sulla mia esistenza futura, nel caso in cui ne meritassi una. Qualche garanzia, diciamo. Non importa se sarò una persona o una rana o un orsacchiotto di pelouche, ma nella mia prossima vita potrei per esempio non avere più una famiglia da fumetto, non una che dà tranquillamente vita a degli episodi che potresti trovare in una striscia dello Shockdown per favore? Potrei non avere degli amici che quando sono depressa vanno da quello che fa finta di niente a quella che mi vuole mandare da uno bravo? E potrei anche, se ti avanza tempo, eliminare quello che cerca di chiamarmi Vrì, diminutivo di Vrigurgito? Come terzo punto è possibile non avere dei colleghi che mi salutano mentre vado via, poi ci ripensano e mi rincorrono per venire a dirmi che mi stanno bene quegli occhiali da sole, poi ritornano indietro e si schiantano contro la porta automatica (evidentemente meno automatica di quanto ci aspettassimo)? Quando avrai risolto questo, potrei non trovare una palestra in cui l'élite dei fustacchioni mi prende in simpatia e così essendo io finita sotto la loro ala protettiva mi pedinano quando corro fuori, vengono a controllare che non cada quando corro sul tapis roulant, si precipitano in quattro ad evitarmi i pesi più grossi e in otto ad evitare che io parli con i nuovi arrivati? E neanche quelli che fra loro m'invitano a cene succulente, visto che già le mie cosce stanno lievitando con tutta questa nutella che fa le veci del Tomtom? Potresti, per favore, non farmi più incontrare Tomtom che rispondano ai miei crepacuore con discorsi ragionevoli? Vorrei infine, se mi è concesso, che nella prossima vita il mio ragazzo non avesse un satellitare che non satellita e, quando per vedere se mi arrivano messaggi me ne manda uno di prova, visto con quanta frequenza riusciamo a sentirci non me lo mandasse con scritto "PROVA". Grazie Bud. Sapevo di poter contare su di te, fratello!
Non ho mai avuto nostalgia di qualcosa che avesse a che fare con il 17 maggio. Non ha senso. Come può mancarti un foul anziché l'homerun? E' questo il punto: non ha senso. Io ho sempre saputo "che senso avesse", anche tra i grovigli più ostili e intricati. Non mi sono mai persa di vista, ho sempre saputo cosa mi succedeva. Non adesso. E' un crollo? E' un momento? Perchè mi sento così, è l'università, il matrimonio, il Tomtom? E' tutto? Diventerò una specie di maratoneta misantropa? A dire il vero ho cercato di non rimanere molto sola, perché è allora che arrivano tutti i pensieri, la tristezza, il dolore; arrivano insieme: solidi, pesanti, imprevisti. Non è che voglia "stare" con le persone. E' che mi tengo impegnata. E' per lo stesso motivo che ieri sono uscita. Troppo sola... al lavoro, in casa, nel pomeriggio. Questo lasciava pericolosamente spazio al mio cervello. Allora mi sono giocata l'unica carta che in questi giorni mi tiene a bada: correre. Gli spazi chiusi non mi bastavano, volevo adattarmi alle diverse consistenze del terreno, la ghiaia sotto ai piedi, l'asfalto duro, l'erba disseminata di bottiglie da schivare; volevo sbuffare e salire e deviare, volevo i cani che ti abbaiano dai cancelli, il papà che penetra nel giardino della scuola di nascosto per insegnare ai bimbi a giocare a basket. Volevo contare le foglie, sentire gli odori di pino e di case e di scarpata, guardare i portici e le cortecce. Per un po' ha funzionato. Ho anche appoggiato male un piede, la gamba tirava e tra il male e la fatica ero felice: un altro aspetto pratico cui dedicare i miei pensieri. Non è durato. Non so cosa sia. Cos'è che mi sta rubando le lucine, mi costringe a evitare il Tomtom, a non rispondere alle sue telefonate perchè non capisca che ci sto male, perché non si senta in colpa? Cosa sta inzuppando i miei castelli migliori nelle malebolge? Non ho mai avuto nostalgia di qualcosa che avesse a che fare con il 17 maggio. E' un sintomo nuovo. Il 17 maggio ero a casa di Marta e sua madre mi aveva chiesto di frugare nella sua borsa per scovare un agenda, un indirizzo, ma quando l'ho aperta ho trovato subito quella busta bianca, semplice, chiusa. C'era scritto "per Novella". La vita, allora, andava così. Regali. Era riuscita lo stesso a lasciare qualcosa per me. In qualche modo, il mondo cercava ancora di restare al suo posto. Era la mia casa base, Marta; il mio regalo, il mio cappotto. La mia telefonata di emergenza. Vorrei che tu lo fossi.. Invece continuo a correre, a schivare e sperare e aspettare, e a guardare le luci da sola. Succede che un ricordo mi fa mancare il fiato mentre corro, che incespico mentre una lama mi taglia la gola tutto il tempo e non posso nemmeno spiegartelo, perché ti ferirei. Tutto questo, è una specie di maledettissimo foul.
E' che i matrimoni e le feste comandate hanno smesso di mettermi di buonumore. Sembra una surreale distopia sentirlo da una che praticamente è un coniglio pasquale, o una pallina dell'albero di Natale, sembra Orwell. Però quando si accendono le lucine io ormai sono sempre da sola a guardarle; quando tutti si tengono per mano io non ho mai la mia mano da stringere. E non è come essere da soli e basta, non mi creerebbe questi grovigli. E non è niente passare un Natale o un compleanno da sola, però quando hai la consapevolezza di doverli passare tutti da sola è un tipo di pensiero piuttosto diverso. Quando vedi due pazzi che si impegnano in qualcosa e hanno l'aria felice, e in fondo qualche certezza ti piacerebbe averla.. ma come puoi? Sarà anche nostalgia per il mio cugino preferito, sarà un percorso che ho iniziato quando ho deciso di non festeggiare la mia laurea perché mi era mancata la persona che avrebbe dovuto scrivere il papiro e prendermi in giro e stringermi il braccio; non metto certo in dubbio le mie intenzioni o i miei sentimenti per il Tomtom con questo. E' che ci sono momenti in cui le sue scelte mi pesano e mi fanno soffrire più che in altri. Periodi in cui mi sento in colpa perché penso che dovrei rispondergli al telefono o alle mail ma non ci riesco perché forse, se gli rispondessi senza riuscire a mascherare come mi sento, lo ferirei di più.
19 settembre 2009: la sveglia all'alba è, secondo la regola del perfetto invitato, parte integrante del ruolo per chi si offre di organizzare quasi più cose della testimone di nozze. Intendiamoci: non si è trattato solo di non volere nemmeno un minuto libero da dedicare ai miei tristi e cupi pensieri di questi giorni; principalmente si sposava il mio cugino preferito e dal momento che, somigliandoci così tanto, sono anch'io profondamente innamorata della sua dolce metà, volevo fargli sapere che lo perdono anche se ha sposato lei e non me come si era discusso quando ero una quinquenne. Iniziamo alla grande, con un ragno che al rinfresco passeggia sulla spalla di mio fratello ed io che mi metto ad urlare per via del ragno e il cane che si mette ad abbaiare per via di me che urlo, e siccome i ragni portano notoriamente fortuna una delle testimoni della sposa arriva in ritardo a cerimonia iniziata, mentre l'altra -in versione marge simpson per l'occasione- sistemandole il velo tenta anche di allietare ripetutamente gli astanti con una delicata panoramica della sua biancheria intima. Lo scambio degli anelli ha un che di bizzarro nel momento in cui viene accompagnato dal Gabriel's Oboe (dopo che mi era andata male con House a X Factor, qui contavo davvero sul clamoroso ingresso di Jeremy Irons con aria spirituale e barba del 1986). Del resto anche l'eucaristia si fa piuttosto topica con l'Ave Maria di Gounoud che, dopo aver riempito la sala e la volta celeste di note soavi e volti commossi, va delicatamente a spegnersi lasciando il posto alla voce della verità del paggetto in terza fila: "Adesso si mangia??" Il viaggio verso la villa per quella specie di eterno aperitivo-buffet-pranzo-cena-dessert-spuntino di mezzanotte che ci attende senza soluzione di continuità è, nelle mie povere romantiche velleità, l'unico momento di traballante tregua che mi attende: già pregusto la sobria volvo blu elettrico di mio fratello non più ricolma di palloncini bianchi a forma di cuore quando mi ritrovo rapita da un croupier neo-single in porsche decappottabile nera e camicia ricamata a mano che direttamente da Montecarlo mi trascina con sè per le vie più ignote e improbabili del triveneto, allungando a dismisura il tempo di percorrenza solo per potermi affascinare con i racconti delle sue costose prodezze. (In effetti sono indecisa se il mio punto preferito è quello in cui il vento che voleva farmi eroicamente assaporare ha completamente sconvolto la mia preziosa acconciatura o quello in cui senza saperlo ha scelto di percorrere tutte le stradine che portano dritte dritte a casa del Tomtom come alternativa alle vie principali e mi ha chiesto come mai mi fossi distratta) Dall'arrivo in poi, per contrastare i soliti pensieri prepotentemente riproposti grazie alle vie scelte dal mio amabile croupier (perfino quel romantico Ecocentro che tanto me lo ricorda) sono ovunque: i miei giochi riscuotono un'approvazione unanime seconda solo a quella per il vestito della sposa, mio cugino mi ama sempre più man mano che gli scherzi avanzano, il mio tavolo (tavolo "Curry") è il più divertente di tutti, forse anche grazie al consumo di alcolici indubbiamente superiore a quello di tutti gli altri tavoli messi insieme (non ci siamo fatti mancare nemmeno la sciabolata finale!) Io, chiaramente, sono seduta fra il croupier (promosso per l'occasione a "mio marito"dai miei fantasiosi compagni di tavolo proprio mentre racconta delle sue ultime 11 multe per eccesso di velocità) e lo sciabolatore folle, che si assume il volenteroso compito di riempirmi di prosecco e zucchero filato lungo la via. Mi intrattiene inoltre, fra un discorso e l'altro, chiedendomi del Tomtom -a quel matrimonio, grazie zia, erano così in tanti a sapere dell'esistenza del Tomtom e ad affibbiargli ogni volta un lavoro diverso che devo dire che la mia strategia di non pensarci si è rivelata un trionfo senza precedenti- concludendo dopo un quarto d'ora di ammirati "sei troppo brava" e "ma come fai" e "dev'essere dura sapere che non puoi averlo vicino quando ne hai bisogno", con un candido "E quanto sta via di solito? Due o tre settimane?" Nel Gioco della Sagacia si è cimentata anche un'altra parente che, lavorando all'e.r., esordisce con "Ho saputo che il tuo fidanzato è un medico, ma allora stai con uno dei nostri??" mentre cerca di affibbiarmi più o meno tutti i miei ped uno alla volta. La giornata lascia il posto alla serata, i gruppi alle coppiette e la frenesia alla nostalgia, perciò mentre combatto l'idea di mio cugino che non è più mio, l'idea che a tutti i giochi per le coppie io anche questa volta non parteciperò in coppia e un terrificante mal di schiena (dopo una certa età e un certo numero di colpi di frusta pare non sia più consigliabile denudarsi sfacciatamente sotto la pioggia o portare dei tacchi che superino di così tanto i 10 centimetri), arriva quella simpaticona di mia zia che per portare un po' d'allegria mi fa notare che, avessi avuto con me il Tomtom, non mi sarei nemmeno accorta del mal di schiena. Preziosa la donna, un po' come quando oggi, mentre stavo ancora afterhourando per aiutarli, ci ha tenuto a farmi notare che "Ma toh, guarda che occhiaie!" Ma toh.
Amo i gatti, l'oceano, la rabbia, le ninnananne, i grandi animali che si spaventano o perplimono per
piccoli animali, guardare le persone che passano per la strada, gli highlanders, la carta, i musical, Paperino, le rughe, appiccicare cose alle
pareti, le fiabe, avere le dita sporche d'inchiostro, camminare scalza, le bolle di sapone, camminare, l'eroismo, scrivere, scarabocchiare,
quello che sbrilluccica, l'acqua, l'acqua che si muove, l'acqua da bere, l'acqua che ruggisce, l'acqua che si arrabbia, l'acqua che spaventa,
l'acqua quand'è forte, l'acqua quando vince, il silenzio, i libri, le sopracciglia, la poesia, i gelati alla frutta, Spike, il pane,
albe e tramonti, gli abbracci, il lucernario di max per vedere le stelle, l'ironia, le corde vecchie della mia chitarra, tutto ciò che ha zucchero,
i ricordi, biblioteche e librerie, le differenze, il crystal ball, i miei film mentali, il vento, le vecchie cassette, le parole,
leggere tra le righe, gli amici, le scatole, Dr.House, i fiori, l'argento, dormire, il cartone, la latta, i treni, Felicity, le debolezze nelle
persone, i maglioni giganti, prendere da sola i mezzi pubblici, l'impero romano, immaginare le storie che i passanti si trascinano insieme,
perdermi, l'enigmistica, il profumo dell'erba appena tagliata, le altalene, i palloncini, il violino, la scena della Spada nella Roccia in cui
il lupo spelacchiato prova ad inseguire Semola, la frutta, i pennarelli, Lorelai Gilmore, Paperinik, i miei casini, preparare regali e biglietti,
mio fratello, Angel, il the verde senza zucchero, Spiderman, le cuffie, i folpi, i castori, i bastoni della pioggia, la mia bacchetta magica,
la polvere innamorata negli occhi, le mie bestiole dei pomeriggi, Ombretta, sentire all'improvviso il profumo della crema pre-sole, le mucche,
le papere, la nonna, i pistacchi, gli arcobaleni, fare regali, i pacchetti, il mojito, fare l'amore, Venezia, le persone che non hanno sempre
una ragione per ciò che fanno.
Vorrei conoscere Giorgio Bocca; Tom Waits; Dylan; EM Forster; Guccini; Peter Parker; Sirius Black e Remus Lupin. Babbo Natale.
Odio il caffé, gli errori ortografici, Studio Aperto, Minzolini al TG1,
la slealtà, i midi, il modo di fare impostato, parlare per diminutivi (cià ragà il pa'...), il signor B., la musica tunz tunz,
la musica cuore fiore amore, i giovani scrittori maledetti, il monumento a Padova per l'11/9, il freddo, le occhiaie, la tracotanza,
l'estrema destra alla cieca, l'estrema sinistra alla cieca, le letterine, il menefreghismo dell'Italia per la scuola, l'invidia,
le ostentazioni, le forzature, le pose, le lampade abbronzanti, i gioielli della Brail, il traffico, la notte senza buio, Topolino,
il razzismo, il razzismo al contrario, gli spazi chiusi, il Grande Fratello, la scena della Spada nella Roccia in cui Semola-uccellino
è imprigionato nella capanna di maga magò, l'ipocrisia, gli intingoli, il beige, gli atteggiamenti, i contatti formali. Le persone
che dicono "So come ti senti". Le persone con cui non avevo contatti prima e nel 2006 venivano da me come se fossero sempre stati miei
meravigliosi amici ("Come stai?", e pacca sulla splla). Chi molla le cose perché non sono facili. Chi disprezza le cose perché non sono
ragionevoli. Chi cerca di tenermi ferma davanti ad un obiettivo fotografico. Chi si autodefinisce poeta. Chi si autodefinisce umile.
Alzarmi alle sei. I ragni. Il pensiero lento. Il pensiero rigido. Accorgermi che qualcuno mi fissa per la strada. La meschinità. Chi
non si meraviglia. La prosaicità, ovvero: chi non ha almeno un po' di polvere innamorata negli occhi. Non avere Marta.