Non è che avessi proprio tutta questa voglia di dedicarmici, ma il mio umore anzichè risollevarsi si lancia di giorno in giorno giù giù negli abissi profondi e negli anfratti più prodigiosi del centro della terra. Fissare inebetita lo schermo del pc. Non lavorare. Non usare nessun muscolo, nessun organo vitale (in particolar modo il cervello), perfino nessun malfunzionamento, neanche una piccola, consolatoria extrasistole. Sentirsi sollevata per il cellulare che non si accende. Irritarsi per ogni mosca, ogni scarpa che cigola, ogni leghista che esiste.Qualcuno ha visto in giro il mio entusiasmo per favore? Quella cosa piccola e gialla che faceva incessantemente parte di me? Quella cosa maldestra che con tanto amore mi ha condotta a vele spiegate verso le più allegre, enormi cazzate della mia vita? Perciò, ecco, forse è il caso di tirarsi un po' su con la C.P. (che detta così suona sinistramente come un esame radiologico) & so the winner is...
Per la categoria "White Christmas" La nevicata artificiale di Pechino, che in un periodo in cui a fine Novembre si fa il bagno in Sud Italia ci riporta un po' ai nostri amati punti fermi di bambini.
Per la categoria "I just called to say I love you" La Roccia che, per dimostrarmi che non è gay, mi chiede il numero di telefono.
Per la categoria "Bella senz'anima" Io che sono così educata, ma così educata che anche quando vado in sauna sudo solo di schiena.
Per la categoria "La macchina del capo" La serata uggiosa di domenica in cui Raven ed io (dopo il suo amichevole scambio di eVVe con la Lauretta) restiamo allegramente appiedati in quel di Bassano... almeno fino all'esatto istante in cui il suo amico, partito da Galliera in nostro soccorso, ci raggiunge con i cavi e la esanime auto, vedendolo, forse per paura dell'elettroshock decide di ripartire. Non prima che gli svariati mezzi e mezzi abbiano permesso al soggetto di sproloquiare in modo molto divertente sulle opportunità più o meno lecite di verificare il mio concetto di fondoschiena, e ad un amico del soggetto di scambiare il mio anello verde per un romantico anello di fidanzamento.
Per la categoria "La locomotiva" Pausa che mi segue per tutta la palestra, e la Petra che segue Pausa che mi segue per tutta la palestra. E' finita con una specie di pic nic nella zona addominali.
Per la categoria "Strangers in the Night" La palma d'oro e cioè Marm che decide di farmi una sorpresa un martedì mentre mi asciugo i capelli e litigo con la sensibilità da ippopotamo del Tomtom, e senza che io sappia nulla (in effetti, trattandosi di una sorpresa..) si presenta sotto casa mia alle 11 di sera. Non riuscendo a contattarmi (per aver egli ucciso il mio telefono) mi fa cercare da una terza persona con cui io chiacchiero al pc per circa tre quarti d'ora assolutamente convinta che sia lui e ritenendolo perciò al sicuro nella sua stanza, nonchè chiedendomi per tutto il tempo: a) da dove esca quel nuovo spiritoso vezzo di parlare di se stesso in terza persona b) come mai continui a scherzare sul fatto che ci sia qualcosa sotto casa mia. Quando, dopo un ragionevole tempo che può averlo fisicamente portato all'assideramento, capisco che il motivo per cui parlava in terza persona è che si trattava effettivamente di una terza persona, inizio a vagare per tutte le finestre di casa senza però trovarlo e scoprendo così che non era affatto sotto casa mia. Così, dopo una quantità imprecisata di tempo durante il quale lui distribuisce il mio indirizzo di posta a chiunque lo voglia ed io non riesco ad uscire di casa per motivi nobilmente tecnici (cose semplici e un po' banali come: una cucina smontata davanti alla porta di casa, un genitore che non posso svegliare per rimontarla in quanto è a letto con la febbre; ma cosa vuoi che sia;), giunge il momento della resa. Senza, purtroppo, che io abbia potuto capire a quale abitazione abbia regalato queste 2 ore di stalking credendo che si trattasse della mia. The end. (a parte per il fatto che il mattino dopo, priva della mia consueta sveglia al cellulare, mi sono gioiosamente presa in ritardo)
There's too many people you used to know they see you coming they see you go baby you're lost baby you're a lost cause i'm tired of fighting fighting for a lost cause
House: Hai fatto il medico oltreoceano? Grumpy: Sono stato con Medici Senza Frontiere per otto anni. House: Ta daaa! Grumpy: E' nel mio curriculum House: David Copperfield nasconde il 6 di cuori in una bottiglia di birra, fa colpo lo stesso. Se ti piacciono i posti esotici, che ci fai qui? Grumpy: Voglio questo lavoro. House: Genitori malati? Grumpy: No, io.. è solo che... House: Non è il lavoro che vuoi. E' il codice postale in cui si svolge questo lavoro che vuoi. Fidanzato? Grumpy: Sì House: Ta daaa! Grumpy: Non mi è permesso crescere e cambiare le mie priorità? House: Ti è consentito. La gente di solito non lo fa.
And we drive, now that i have found someone
i'm feeling more alone, than i ever have before.
(grazie a: Beck, 5 serie di House, Ben Folds Five)
Montaigne diceva, con sapienza e bellezza che fanno mangiare la polvere al piccolo principe, che bisogna portare il pensiero della morte come i signori della sua epoca portavano il falcone sulla spalla per abituare se stessi e l'uccello cacciatore a vivere insieme e prendere dimestichezza l'uno dell'altro. Credo che in questi anni tu sia stata il mio falcone. Ti ho portata sulla spalla, ho portato con me ogni giorno ciò che ti era successo, checiera successo (ché gli incidenti non lasciano mai una vittima sola, non strappano mai una sola vita alla volta). Mi dispiace se non ti sono più venuta a trovare; per 4 anni ho congelato quella nostra vita per tenerla ancora con me. Le amicizie, gli impegni, i luoghi: qualcosa si è frapposto tra me e loro, tra me e le persone da vedere, tra me e l'università da finire, qualcosa che non ho mai voluto combattere perchè avrebbe significato combattere te. E poi un giorno, senza pensarci, era un giorno di colore blu ed io ho preso la macchina per venire a trovarti. Ti ricordi come la pensavamo, "è stato meglio perderci che non esserci mai incontrati".
La bambina ha gli occhi neri di fuliggine, l’aria quieta e impolverata di chi non è curata abbastanza: non è l’aspetto, è il modo di muoversi, di guardarti in tralice e percepire subito le cose. Non posso seguirla tutto il tempo ma lei non me lo chiede, non se lo aspetta. Mi chiede soltanto, mentre ci sono, di prenderla: prendere quello che mi dà, i suoi racconti, il suo tempo, le sue confidenze. Di prendere i suoi pastelli per disegnare con lei, sperando che io faccia un disegno migliore del suo perché, fosse solo per un’ora, ha bisogno di qualcuno di migliore. Non è facile dare, lasciare che qualcuno si appoggi, perché prima devi essere e se il tuo essere in quel momento è un'incespicanza... be', devi ritrovare il passo. Ho conosciuto persone che usavano sempre troppi paroloni, e poi? Vedi delle foto di una persona a distanza di tempo e la ritrovi uguale a prima: le stesse righe nei maglioni, le stesse espressioni, gli stessi capelli. Le stesse pose nelle foto con la nuova ragazza di quelle che aveva con la precedente. Com’è possibile restare uguali, restare immobili? Tanta misera linearità, com'è possibile che si convinca di avere qualcosa da dare, di poter amare? Come puoi passare attraverso le cose che ti succedono così indenne? Anche il ragazzo due giorni fa in palestra aveva paura di qualcosa. Quello che correva più veloce di me, nella stanza rossa piena di specchi e riusciva ad essere bello anche sotto la luce impietosamente artificiale. Correva come se scappasse da qualcosa, senza il tempo di fermarsi a ciarlare, sbuffando per immagazzinare aria. Ma va bene la paura. Significa che ti accorgi. Allora mi sono fermata, ho respirato. Ho iniziato a scegliere ogni giorno un colore diverso per la mia giornata: i vestiti, il trucco, l’umore sono diventati viola, verdi, blu. Ho comprato una sciarpa che fa quasi da maglione, perché se una cosa che il Tomtom aspetta sono quei brulè con cui scaldarsi nel freddo pungente dell’inverno che troverà al suo ritorno, posso dargliela. Anche se è una cosa piccola. Anche se il gelo mi terrorizza. Perché se lui non fa parte della mia quotidianità, allora comprerò una sciarpa e farò parte della sua. E poi, poi ho pensato che erano passati 4 anni.
Sono passati quasi 4 anni dal 17 maggio, ma il 17 maggio è una di quelle date che raccolgono metodicamente nel loro paniere tutti gli sbagli di una vita: puoi biasimarmi se non ti vengo a trovare? Da quando ti hanno sistemata speculare a Giulia, con la croce attorcigliata in ferro battuto e il libro e l’erbetta, non sono venuta nemmeno una volta. Poi sono arrivati i sogni. Quegli 8 kg di cui mi accorgevo all'improvviso, e l’aspetto sconcertante che non erano i kg ma l’essere stata colta così strabiliantemente alle spalle. Nel secondo sogno c’era il Tomtom ed era un sogno molto bello, ma quando mi sono svegliata ho notato qualcosa di strano. Mia zia, quella che mi irrita spesso dando consigli non richiesti e opinioni sulle mie scelte personali, tra un sogno e l'altro si è impicciata ancora, ma con un’aria nuova, molto triste; pensava ai viaggi del Tomtom e rifletteva sul fatto che sembravo aver perso il mio entusiasmo, ma che una novella senza entusiasmo non è più una novella, e così ero sicura di voler perdere i momenti che avrebbero dovuto essere i più belli? perché non era giusto, non avrei riavuto indietro quella gioia di provare e stare insieme e fare progetti. Allora mi sono ricordata. Come capita nei sogni, la stonatura che avevo percepito al risveglio stava nel fatto che il Tomtotm non era “proprio” il Tomtotm, era lui ma era anche qualcun altro… qualcuno di più familiare. Più familiare. L'ho pensato e mi sono venuti i brividi, perché per quanto sia importante per me, lui ogni volta esce dalla mia vita e succede chenei sogni si confonda con un qualunque palestrante che vedo spesso e che per questo motivo fa parte della mia quotidianità più della persona con cui sto, con cui dovrei stare: perché fa parte delle mie giornate. Ogni volta che raggiungi l’aeroporto, dopo il check-in, dopo esserti liberato di tutti i bagagli, per un secondo, per un unico, debole secondo, ti volti mai indietro prima di salire?
Il mio gatto ha gli occhi d’oro e mi fissa. Ha gli occhi grandi, bistrati di un kajal indelebile e felino, e quando mi fissa così a lungo ha delle rivelazioni da farmi su me stessa con la sua consapevolezza di meticcio. Ci sono cose che non esistono più, le lucciole d’estate e le acacie del giardino di Matteo. E poi le cabilne telefoniche: le vedi smagrite in mezzo alla nebbia autunnale e pensi, dove vanno le cabine telefoniche quando non servono? Che fine hanno fatto i gettoni? Ci sono cose che si perdono e, forse, non puoi più recuperare. Mi piace quando è estate e la sera saliamo a cenare in qualche posticino scovato in collina, così poi nessuno dei due ha più voglia di scendere. Ma ogni volta che vai via perdo la capacità di guardarti, e dormire insieme a te: quanto mi ci vorrà per riconquistarla? Fa troppo freddo; il mare è lontano e le rondini troppo poche. Le gocce di pioggia si ingrossano: sotto la pioggia mi manchi molto.
In fondo non dovrei mica lamentarmi; è come tornare giovani giovani, adolescenti rumorosi pieni di idee precise e piercing, che riducono i rapporti umani a una chat in messenger. Con la piccola differenza che loro lo fanno in continenti in cui messenger funziona, tra le altre cose. A voler guardare la pagliuzza, ecco. Però insomma, si tratta pur sempre di uno stile di comunicazione ggiovine dentro. Poi è affascinante mettere alla prova le tue capacità linguistiche, empatiche, analitiche: uno ti telefona e dato che capisci metà delle cose che ti dice, l'altra metà ti conferma quanto lo conosci perchè non sentendola devi intuirla da sola per fornire un senso integro al discorso. Man mano che la telefonata prosegue, la metà di facile comprensione si riduce a un terzo di media comprensione, e allora anche le tue risposte ritardano perchè ci metti di più a ricostruire, dare una logica, pensare alla ribattuta. A quel punto, di solito, lui è in piedi sul tetto della jeep per fare da antenna umana. Trucco che spudoratamente non funziona, perchè la linea cade. Una, due, tre volte. Durante le pause hai anche il tempo di ripensare alle volte in cui hai mangiato a costo di stare male solo per fargli compagnia, per esempio quel gelato in Croazia per cui hai visto ripetutamente la morte. O alla volta in cui correva sotto l'acquazzone per venire a prenderti, con una buffa smorfia seccata per il maltempo, ma poi ha alzato lo sguardo e per averti vista si è messo a sorridere in modo istantaneo. Puoi pensare a certi regali, a certe luci, alle volte in cui ti sei persa ed è venuto a ripescarti, alle discussioni in riva al fiume, ai libri scambiati, ai discorsi infiniti e alle mucche a cui dare un nome; puoi ripensare aibrulè tenuti con due mani per potergli rubare il calore in una serata ventosa d'inverno, fingendo che ricordare ti basti. La telefonata riprende senza che la frammentata conversazione diventi mai una conversazione vera, attestandosi su livelli da ascensore, ciao come stai, governo ladro, senti che freddo, hai bevuto un brulè? Fingo di rispondere con il tono allegro e vivace di chi è contento di sentirlo e si diverte un sacco anche quando manca, o che quello che abbiamo significhi portare avanti una storia. Quando mettiamo giù il telefono (meglio: quando si mette giù da solo) entra la gatta come chi ha tutta l'aria di voler consolare con un'industriale quantità di fusa la sua povera umana. E mentre sfogo sulla sofficiosa tutte le carenze, penso che alla fine ho più scambi umani con alcuni miei palestranti che con lui. E' una pesante pagliuzza.
Tra un groviglio e l'altro ho anche i miei deus ex machina che mi permettono di recuperare terreno. Per esempio frugare per un pomeriggio intero nel ripostiglio dei miei vecchi libri e giochi di bambina; ritrovare le mie pagine, i miei pupazzi, i miei piccoli mondi con la loro piccola polvere. Ritrovare Incisivo, la pianola, la macchina da scrivere rossa e tutte le sensazioni di quando me li hanno regalati. Ritrovare le mie pagine scarabocchiate sui libri preferiti, l'Isola felice, i Playmobil e tutti i territori sconosciuti in cui mi hanno scaraventata. Ritrovare lettere, bagagli, biglietti e messaggi da condividere con una risata con chi se li ricorda ancora. O, per esempio, una domenica sera con persone che mi piacciono, la Salvietta che incontra Raven, la loro sintonia: avevo dimenticato, in quest'ultimo periodo, quanto sia bello, confortante, importante avere vicino le persone cui tieni. Senza temere tutto il tempo che se ne vadano, o che succeda un'imboscata. Averle semplicemente con me. Hanno detto - che non ho saputo riconoscere l'amicizia falsa. (persone che conosco poco ma che sembrano riconoscere molto, meglio di me indubbiamente) Hanno detto - senza dire - che allo stesso modo mi affanno su qualcosa che non c'è. C'è una scelta giusta? La pervicacia, la fedeltà? O la serenità su cui incespico ogni giorno senza afferrarla? Io che vivo di grovigli e di domande, posso farcela da sola così a lungo? Non lo so. Ma: esiste per Novella la serenità senza coerenza? Non credo. Eppure. Giovedì sera, una sauna vuota e 5 minuti di chiacchiere che diventano 45: perchè non può essere così?
Succede che rimani a parlare con qualcuno del concetto di "Vorrei ma non voglio e poi non posso" fino all'1.30 di notte. Succede che poi non riesci più a dormire. Succede che oggi sei stanca e aggrovigliata. E poi, che succede?
A volte prendere quello che ti succede con leggerezza è un modo per sopravvivergli. A volte esci e pensi di aspettare Corazzon sotto casa stanotte perchè aveva assicurato che domani sarebbe arrivato il freddo. Domani. A volte ridacchi ripensando alle caustiche teorie di braghy su chi ti è amico per finta e per convenienza e alle sue rimostranze perchè per la seconda volta di fila ti sei vestita "troppo", secondo i suoi canoni, per andare in palestra. A volte tutto questo ti fa bene, perchè ti permette di evitare il pensiero dell'articolo che hai letto stamattina appena sveglia, quello su Medici Senza Frontiere che torna in Afghanistan e tu lo sapevi che sarebbe tornata in Afghanistan perchè sapevi chi ci sarebbe dovuto essere. Soprattutto, ti permette di evitare il pensiero sul perchè MSF se n'era andata dall'Afghanistan, 5 anni fa. Te lo ricordi bene. 5 anni, 5 persone. Concentrarsi sul freddo ti allontana gentilmente dalle sensazioni di questa mattina mentre leggevi quell'articolo e le lacrime spingevano, spingevano e pungevano e poi spingevano ancora. In questi momenti la lontananza sembra davvero il problema minore, il più facile da gestire, da digerire. Ma questo. Come puoi sopportarlo ancora?
1) Nel mondo ci sono tante teste di cazzo che non meritano necessariamente di essere investite in retromarcia, ma proprio non riesco a perdonarmi di aver stimato una persona meschina e inutilmente presuntuosa. 2) Quell'inaspettato angolo di serenità domenica a Treviso... grazie. 3) Il karma fa davvero schifo. it sucks. Sta lì in agguato a mostrarti quello di cui hai bisogno a tradimento, proprio quando ne hai più bisogno, quando sei profondamente stanca e demoralizzata e in litigio, e soprattutto fa in modo che te lo offrano le persone sbagliate. Per esempio, quella persona che ti piace tanto, senza implicazioni, che all'improvviso ti dice che sei cieca e non hai capito niente. 4) Macchina sotto il sole e cioccolato in macchina non sono due buoni compagni di banco. 5) Certe persone ti cagano (ti amano, ti venerano) solo quando sono infelici e bisognose. parole, parole, parole. 6) La guardia dei miei protettori palestranti si è estesa, dopo gli esseri umani, anche alle zanzare, essendo io "taaanto dolce" (cit) 7) Errare è divino 8) Dov'è Lee Osvald quando ti serve?? 9) Quando penso troppo, sale la nebbia. 10) A quanto pare ho un segugio privato: vedi post a seguire, tenendo a mente il punto 3. 11) Chi di rotolo ferisce, di rotolo perisce. Oh gentile karma, so di aver nascosto tutta la carta igienica (e lo scottex, e i fazzoletti, e i tovaglioli...) a mio cugino, ma tu dovevi proprio tentare di soffocarmi tra le spire di 8 metri di cintura di sicurezza? Neanche ci stanno, 8 metri di cintura di sicurezza nella mia macchina: ho dovuto aprire il finestrino! 12) Esattamente, perchè un aereo questa mattina avrebbe dovuto tentare di atterrare sopra la mia testa? 13) Ho una compilation in testa che piacerebbe a Morgan: Talking Heads, Cream, De andrè, Smiths, Luigi Tenco. 14) Non importa quanto mi mandi a rotoli, se litighiamo, non importa se sono così aggrovigliata che mi faccio investire dalle macchine e cado dalle scale. Ti darò sempre il beneficio del dubbio.
Non ho mai avuto nostalgia di qualcosa che avesse a che fare con il 17 maggio. Non ha senso. Come può mancarti un foul anziché l'homerun? E' questo il punto: non ha senso. Io ho sempre saputo "che senso avesse", anche tra i grovigli più ostili e intricati. Non mi sono mai persa di vista, ho sempre saputo cosa mi succedeva. Non adesso. E' un crollo? E' un momento? Perchè mi sento così, è l'università, il matrimonio, il Tomtom? E' tutto? Diventerò una specie di maratoneta misantropa? A dire il vero ho cercato di non rimanere molto sola, perché è allora che arrivano tutti i pensieri, la tristezza, il dolore; arrivano insieme: solidi, pesanti, imprevisti. Non è che voglia "stare" con le persone. E' che mi tengo impegnata. E' per lo stesso motivo che ieri sono uscita. Troppo sola... al lavoro, in casa, nel pomeriggio. Questo lasciava pericolosamente spazio al mio cervello. Allora mi sono giocata l'unica carta che in questi giorni mi tiene a bada: correre. Gli spazi chiusi non mi bastavano, volevo adattarmi alle diverse consistenze del terreno, la ghiaia sotto ai piedi, l'asfalto duro, l'erba disseminata di bottiglie da schivare; volevo sbuffare e salire e deviare, volevo i cani che ti abbaiano dai cancelli, il papà che penetra nel giardino della scuola di nascosto per insegnare ai bimbi a giocare a basket. Volevo contare le foglie, sentire gli odori di pino e di case e di scarpata, guardare i portici e le cortecce. Per un po' ha funzionato. Ho anche appoggiato male un piede, la gamba tirava e tra il male e la fatica ero felice: un altro aspetto pratico cui dedicare i miei pensieri. Non è durato. Non so cosa sia. Cos'è che mi sta rubando le lucine, mi costringe a evitare il Tomtom, a non rispondere alle sue telefonate perchè non capisca che ci sto male, perché non si senta in colpa? Cosa sta inzuppando i miei castelli migliori nelle malebolge? Non ho mai avuto nostalgia di qualcosa che avesse a che fare con il 17 maggio. E' un sintomo nuovo. Il 17 maggio ero a casa di Marta e sua madre mi aveva chiesto di frugare nella sua borsa per scovare un agenda, un indirizzo, ma quando l'ho aperta ho trovato subito quella busta bianca, semplice, chiusa. C'era scritto "per Novella". La vita, allora, andava così. Regali. Era riuscita lo stesso a lasciare qualcosa per me. In qualche modo, il mondo cercava ancora di restare al suo posto. Era la mia casa base, Marta; il mio regalo, il mio cappotto. La mia telefonata di emergenza. Vorrei che tu lo fossi.. Invece continuo a correre, a schivare e sperare e aspettare, e a guardare le luci da sola. Succede che un ricordo mi fa mancare il fiato mentre corro, che incespico mentre una lama mi taglia la gola tutto il tempo e non posso nemmeno spiegartelo, perché ti ferirei. Tutto questo, è una specie di maledettissimo foul.
E' che i matrimoni e le feste comandate hanno smesso di mettermi di buonumore. Sembra una surreale distopia sentirlo da una che praticamente è un coniglio pasquale, o una pallina dell'albero di Natale, sembra Orwell. Però quando si accendono le lucine io ormai sono sempre da sola a guardarle; quando tutti si tengono per mano io non ho mai la mia mano da stringere. E non è come essere da soli e basta, non mi creerebbe questi grovigli. E non è niente passare un Natale o un compleanno da sola, però quando hai la consapevolezza di doverli passare tutti da sola è un tipo di pensiero piuttosto diverso. Quando vedi due pazzi che si impegnano in qualcosa e hanno l'aria felice, e in fondo qualche certezza ti piacerebbe averla.. ma come puoi? Sarà anche nostalgia per il mio cugino preferito, sarà un percorso che ho iniziato quando ho deciso di non festeggiare la mia laurea perché mi era mancata la persona che avrebbe dovuto scrivere il papiro e prendermi in giro e stringermi il braccio; non metto certo in dubbio le mie intenzioni o i miei sentimenti per il Tomtom con questo. E' che ci sono momenti in cui le sue scelte mi pesano e mi fanno soffrire più che in altri. Periodi in cui mi sento in colpa perché penso che dovrei rispondergli al telefono o alle mail ma non ci riesco perché forse, se gli rispondessi senza riuscire a mascherare come mi sento, lo ferirei di più.
Anche se sono infantili, classici, sgraziati e poco credibili (o forse proprio per questo?) dovrebbero vietare per legge i film pieni di lucine e persone che tornano.Almeno quando una ha il crollo da nostalgia, e sa che dovrà tenersela per altri 5 mesi e soprattutto sa che alla fine di quei 5 mesi non sarà finita per niente.
Incontro sempre più persone che non ricordano i loro sogni, e forse è una specie di fortuna perché per loro rimangono quell'atto di pulizia efficace che però non va ad infestare la loro vita reale come succede a me, che ricordo molti dei miei sogni e spesso mi lasciano anche sensazioni particolari di cui fatico a liberarmi durante il giorno. E tuttavia, dal mio cervello colorato e confusionario, continuo a considerarli una ricchezza, come se ogni volta si premurassero di rivelarmi un segreto. Ho passato un bel week-end, all'interno di questo periodo di alti e bassi dati non tanto dai fatti in sé, ma dal mio modo di interpretarli in base ad un'impressione che mi accompagna incerta e testarda. Buona musica per esempio, una serata (più rilassata, meno agitata) simile a quelle che vivevo anni fa, sempre alla ricerca di note che facessero da sfondo ai miei pensieri, di suoni che accontentassero la mia ricerca dell'assoluto. O per contrasto, quei momenti molto assoluti arrivati da soli col Tomtom su al Castello. Così questa notte ho sognato di nuovo di essere incinta: da anni il mio sogno ricorrente non tornava a trovarmi, a segnalarmi la fecondità, la gioia, la purezza dei miei giorni. E ho capito che la fatica non importa, che gli alti e bassi lasciano segni e fanno male ma non importano. E' la strada che voglio, e posso farla funzionare.
Tu sai che io sono fondamentalmente rispettosa delle idee degli altri, e delle tue più che mai, perciò come ti ho detto ieri, con il cuore in gola quando mi hai fatto sapere cosa ti passava per la mente, di fronte a una tua decisione non risponderei mai con un "Non farlo". Con tutto quello che mi costa, che è tanto, che a volte mi sembra troppo, che anziché diventare abitudine col tempo diventa uno strapparsi via pezzi di pelle e di lacrime e di carne, ogni volta che te ne vai dopo essermi penetrato più a fondo. Perciò, per oggi, in questo mio angolino senza realtà, lasciami questo ritornello senza importanza. Solo per oggi lasciami il mio capriccio di bambina a consolarmi e farmi accettare anche la lacrime, che non venivano le altre volte ma adesso arrivano, anche loro rovesce. Lasciami dire quanto voglio, senza che tu senta: Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non 0partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire Non partire
Ieri ho visto in diretta un brutto incidente. Una macchina, un motorino, il tizio in motorino che vola e non si rialza più dall'asfalto. Ho pensato a due cose. Il fatto è che volevo tantissimo fermarmi, era successo proprio di fronte a me, come un sogno, come al cinema, e c'era quell'uomo immobile sull'asfalto; volevo sapere come stava, fare qualcosa. Però mi trovavo in un brutto punto, una curva pericolosa in cui non potevo fermarmi e avanzando di poco ho scorto qualcun altro che accostava per dare una mano, così ho pensato che forse sarebbe stato più utile che io non bloccassi ulteriormente il traffico, dal momento che qualcuno già c'era. Poi sono tornata a casa e mi hanno fatto notare che probabilmente mi sarei dovuta fermare in quanto testimone; ed è vero: io però non ci avevo proprio pensato. Ero preoccupata, dispiaciuta, spaventata, avevo questo peso per non essermi fermata ad aiutare, e come al solito quello che mi aveva colpita con forza era stato il lato empatico. Quello pratico, beh, non mi era nemmeno passato per la mente. La seconda considerazione è che ogni volta che succedono queste cose bisognerebbe, non so, fare un brindisi, o qualcosa che non avevi il coraggio di fare, o andare ad abbracciare qualcuno perché forse non l'hai fatto abbastanza. Il mio non vuole essere un discorso cinico, però ho passato anni con il complesso del sopravvissuto che soffre perché non vuole che la vita vada avanti, e invece quando "resti vivo" bisognerebbe approfittarne per ricordarsi di fare qualcosa di bello. Rilanciare al destino!
Questa notte mi sono svegliata all'improvviso, con il cuore in gola, gridando dentro il mio cervello che oddio, mi ero addormentata invece di partire ed era tardi, non ero riuscita ad andare a prenderlo in stazione.
E quando tornerai come sarà? Rimetteremo insieme i pezzi? Sistemeremo tutto ancora una volta, come una specie di morbido puzzle? Mi fido di te, ciecamente, mi fido di come insieme possiamo sempre risolvere e amalgamare le cose, ma finché non torni, finché non ti vedo, ti sento, ti posso toccare, sentire quel modo di ridere, la rughetta sul collo, sfiorarti le dita ed il braccio, sono da sola coi miei grovigli giganti. Si fanno sempre più grandi quando non ci sei. Perciò dimmi, come sarà? Balleremo come quella volta? Ripartirai presto? Avrò solo 2 mesi di te in un anno intero? Se non m'importasse, credi che mi tormenterei su queste domande? Credi che starei in ansia, ti chiederei di riaddomesticarmi? Se non m'importasse così tanto avrei tutto questo bisogno di correre, questi casini nell'affezionarmi a qualcuno? Perciò tu torna, ok? Non farmi domande da lì, non chiedermi che sia come se non fossi mai partito. Davvero. Se non m'importasse, pensi che rimarrei qui ad aspettare sei mesi alla volta?
Amo i gatti, l'oceano, la rabbia, le ninnananne, i grandi animali che si spaventano o perplimono per
piccoli animali, guardare le persone che passano per la strada, gli highlanders, la carta, i musical, Paperino, le rughe, appiccicare cose alle
pareti, le fiabe, avere le dita sporche d'inchiostro, camminare scalza, le bolle di sapone, camminare, l'eroismo, scrivere, scarabocchiare,
quello che sbrilluccica, l'acqua, l'acqua che si muove, l'acqua da bere, l'acqua che ruggisce, l'acqua che si arrabbia, l'acqua che spaventa,
l'acqua quand'è forte, l'acqua quando vince, il silenzio, i libri, le sopracciglia, la poesia, i gelati alla frutta, Spike, il pane,
albe e tramonti, gli abbracci, il lucernario di max per vedere le stelle, l'ironia, le corde vecchie della mia chitarra, tutto ciò che ha zucchero,
i ricordi, biblioteche e librerie, le differenze, il crystal ball, i miei film mentali, il vento, le vecchie cassette, le parole,
leggere tra le righe, gli amici, le scatole, Dr.House, i fiori, l'argento, dormire, il cartone, la latta, i treni, Felicity, le debolezze nelle
persone, i maglioni giganti, prendere da sola i mezzi pubblici, l'impero romano, immaginare le storie che i passanti si trascinano insieme,
perdermi, l'enigmistica, il profumo dell'erba appena tagliata, le altalene, i palloncini, il violino, la scena della Spada nella Roccia in cui
il lupo spelacchiato prova ad inseguire Semola, la frutta, i pennarelli, Lorelai Gilmore, Paperinik, i miei casini, preparare regali e biglietti,
mio fratello, Angel, il the verde senza zucchero, Spiderman, le cuffie, i folpi, i castori, i bastoni della pioggia, la mia bacchetta magica,
la polvere innamorata negli occhi, le mie bestiole dei pomeriggi, Ombretta, sentire all'improvviso il profumo della crema pre-sole, le mucche,
le papere, la nonna, i pistacchi, gli arcobaleni, fare regali, i pacchetti, il mojito, fare l'amore, Venezia, le persone che non hanno sempre
una ragione per ciò che fanno.
Vorrei conoscere Giorgio Bocca; Tom Waits; Dylan; EM Forster; Guccini; Peter Parker; Sirius Black e Remus Lupin. Babbo Natale.
Odio il caffé, gli errori ortografici, Studio Aperto, Minzolini al TG1,
la slealtà, i midi, il modo di fare impostato, parlare per diminutivi (cià ragà il pa'...), il signor B., la musica tunz tunz,
la musica cuore fiore amore, i giovani scrittori maledetti, il monumento a Padova per l'11/9, il freddo, le occhiaie, la tracotanza,
l'estrema destra alla cieca, l'estrema sinistra alla cieca, le letterine, il menefreghismo dell'Italia per la scuola, l'invidia,
le ostentazioni, le forzature, le pose, le lampade abbronzanti, i gioielli della Brail, il traffico, la notte senza buio, Topolino,
il razzismo, il razzismo al contrario, gli spazi chiusi, il Grande Fratello, la scena della Spada nella Roccia in cui Semola-uccellino
è imprigionato nella capanna di maga magò, l'ipocrisia, gli intingoli, il beige, gli atteggiamenti, i contatti formali. Le persone
che dicono "So come ti senti". Le persone con cui non avevo contatti prima e nel 2006 venivano da me come se fossero sempre stati miei
meravigliosi amici ("Come stai?", e pacca sulla splla). Chi molla le cose perché non sono facili. Chi disprezza le cose perché non sono
ragionevoli. Chi cerca di tenermi ferma davanti ad un obiettivo fotografico. Chi si autodefinisce poeta. Chi si autodefinisce umile.
Alzarmi alle sei. I ragni. Il pensiero lento. Il pensiero rigido. Accorgermi che qualcuno mi fissa per la strada. La meschinità. Chi
non si meraviglia. La prosaicità, ovvero: chi non ha almeno un po' di polvere innamorata negli occhi. Non avere Marta.