E' bello festeggiare il compleanno con i tuoi amici svitati, balordi e uno più caro dell'altro. E' bello festeggiarlo nella data sbagliata, nel posto sbagliato, con i biglietti sbagliati e ritrovarsi per sbaglio su una carrozza trainata da due cavalli bianchi come nelle storie coi finali giusti. E' bello, tra i frizzi i lazzi e i pizzi, fermarsi un secondo a guardare in faccia uno ad uno questi amati cialtroni. E' bello soprattutto vedere che, anche se hai i tacchi, i capelli quasi in ordine ed un marinaio da aspettare, sei ancora quella che rovescia sul tavolo una caraffa piena di spritz, ghiaccio e fettine d'arancia.
Quest'autunno, per la prima inconcepibile volta, mi ero persa il Natale: non lo sentivo più. Potevo ben cercarlo sotto il letto, tra le scartoffie, con il naso al vento, ma l'avevo smarrito strada facendo. Dov'erano finiti i buchi sospetti nel calendario dell'avvento, la cera da grattare via di nascosto dalla tovaglia buona, il gatto che studia le palline dell'albero? Dov'erano finiti quei vini rustici e densi da far brontolare la mamma e i cappellacci rossi che mi obbligava ad infilare per non prendere freddo? Dove, lo scatolone sigillato con lo scotch da cui tirare fuori l'albero tossendo per la polvere? La polaroid da scattare in fretta per poi fare a gara su chi doveva tenerla al buio fino alla comparsa dell'immagine? (lo ammetto, ho sempre sbirciato prima del tempo!) E le babucce di lana fatte dalla nonna? Il panettone senza canditi? Il marzapane che avrei tanto voluto che mi piacesse, perchè sapeva di feste e di magia e di pino freddo, e invece quel cialtrone continuava a non volermi piacere? Andati. Li avevo persi insieme al gioco di scovare ogni anno la prima traccia del Natale che arriva, quella lucina nel cortile dei vicini o il luccichio di un nastro argentato in un negozio del centro che inequivocabilmente ti spifferavano che sì, anche per quest'anno ce l'avevamo fatta. Li avevo persi perché mi mancavi, perchè madonna che freddo, mi ero comprata quella sciarpa e giravo come un fiocco di neve ambulante ma non teneva caldo neanche lontanamente come la stufa accesa in casa tua, che non vedo dall'inverno scorso, e qui non vediamo neanche il cielo da giorni.. se ne sta lì, indolente, sopra le nuvole. Perchè le nostre passeggiate mano nella mano io le conto sulle punte delle dita, perchè non c'è mai tempo per quei momenti stupidi da coppia, telefonarci senza un motivo o annoiarci l'uno dell'altra in una domenica pomeriggio uggiosa. Perchè tutte quelle cose che avrei voluto che mi dicessi, tu non me le hai dette mai. E' una distanza da coda e calzini, la nostra; mi ricordo di un ragazzo a cui piacevo con la coda di cavallo a scoprirmi la nuca, un ragazzo a cui piacevo con le calze, quelle con la riga sexy posteriore; a un ragazzo piacevano le mie canottierine smilze e gli occhi grandi, e ad un altro i calzini di spugna sulle gambe nude e svegliarsi per uscire insieme a comprare il giornale. Ma di te, a volte, queste cose ancora non le so. Però ti ho trovato. Ti ho trovato perchè in questi due anni io mi sono fidata ciecamente di tutte le cose che nonmi hai detto; ti ho trovato perchè corri a prendermi sotto la pioggia, per quando ti fidi, per aver guidato tutte quelle ore al posto mio ed esserti fatto scoprire mentre davi da mangiare a un gabbiano; perchè quando camminiamo una dietro l'altro ogni tanto ti volti per controllare che io sia ancora lì. Vi ho trovati fra i cannelloni di zucca riusciti troppo dolci e lo champagne da bere a Parigi quando torni, nei canditi da spiluccare e lasciare da parte e nel baseball che sono tornata a respirare, anche se poi nessuno qui riusciva a capire la mia esaltazione commossa per palle curve e fuoricampo. Ho trovato il Natale della compilation su cui lavorare un mese per ascoltarla un giorno, di neve, di telefonate a mollo su un'isoletta tropicale, un Natale in cui vedere e sentire soltanto chi avevo voglia di vedere e sentire. Ho trovato questo post che, senza saperlo, parla di me:
"...Questo Natale è il tuo, amore mio che brilli. Lo so che è incredibile ma non conosci altra stagione che il Natale, tu, perchè sei nata il 20 dicembre, vivi da soli 5 giorni e hai sempre visto questo albero luccicante, in casa. Ti c'incanti di fronte; guardi le luci e le stelle e gli angeli e chissà: forse questo ti sembra l'unico mondo possibile. Stare appesi a un ramo nella mezzaluce, a guardare le brutture del mondo affannarsi laggiù per terra."
E allora ho capito perchè il giorno dopo mi sento triste, quando le luci iniziano a spegnersi e nel treno vuoto del ritorno al lavoro per consolarmi comincio a ballare da sola. Quando scendo dal treno e una ventata gelida mi spazza e la mia vicina di posto vola in braccio al fidanzato che era al binario ad aspettarla ed io sto ascoltando quella parte triste di Space Oddity e notoriamente non ho un buon rapporto con le basse temperature e il mio ragazzo il più delle volte non può aspettarmi al binario e soprattutto le luci hanno cominciato a spegnersi, e così mi viene da piangere. Perchè io sono il Natale.
Alla fine ho consapevolmente scelto di tralasciare i lati bui di questo compleanno: non ho proprio voglia di stare lì a prendermela con chi, da buon bugiardo & pacconaro, te lo rovina. Per una volta penserò a prendere i miei personali provvedimenti a freddo, senza rovinarmi il fegato: in fondo, basta essere lucidi e mollare. Nove mesi di tentativi sono abbastanza per smetterla con l'accanimento terapeutico su un'amicizia unilaterale. Ecco perchè mi concentrerò invece sugli aspetti migliori di queste giornate:
- Sconfiggere la Pagina della Sfinge senza occhiali, risolvendo rebus e sciarade della Settimana Enigmistica come se ci vedessi. - I bimbi che per svariati minuti hanno continuato a salutarmi dal lunotto posteriore dello scuolabus l'altra mattina, ed erano così piccoli, teneri e mangiabili che me li sarei rapiti tutti e gli avrei dato una nuova casa. La mia. - Alcune definizioni ricevute da tre begli uomini: raffinata (dehe), angioletto (mwahahah), stella (ihih). Come dargli torto. - L'ipse dixit del mese: "Perchè il Congo è bello, è come essere in Svizzera!" (Maria) - Carlo che prova a incasinare tutti i suoi impegni e cambiare treni e spendere il doppio dei soldi solo per esserci. - McBesame che mi manda messaggini dalla stessa stanza perchè sta seguendo un corso ma si distrae a raccontarmi dei Muppets.
A proposito, lo fa apposta. Tutta la verità nel prossimo post.
Grazie a chi ha festeggiato con me per 4 giorni il mio compleanno. Grazie per i 26 baci. Grazie perla mia torta. Grazie a mia zia per aver detto che dal giorno in cui sono nata non ricorda un 20 dicembre senza sole. Grazie per quel biglietto azzurro dentro quel libro azzurro. Grazie a chi mi ha fatto provare nostalgia per i vecchi tempi. Grazie a chi mi ha impedito di provare troppa nostalgia per i nuovi tempi. Grazie a chi ha finto di nulla quando ho visto le piroghe. Grazie a chi non aveva modo per sentirmi ed è riuscito a trovare un modo lo stesso. Grazie a chi continua ad esserci, nonostante tutto. Grazie al boss per avermi detto che è stata la sua fortuna avermi lì. Grazie a chi mi ha detto che sono brava e mi ha chiesto di lavorare anche per loro. Grazie a chi mi ha fatto bere troppo. Grazie a chi mi è venuto incontro. Grazie a chi mi ha seguita per dirmi che ero bella. Grazie a chi mi ha fatto un regalo e non era tenuto. Grazie a chi non poteva esserci, ma poi c'è stato. Grazie a chi ha ricominciato a parlarmi. Grazie a chi ha festeggiato con me anche se non mi conosceva. Grazie per le 2 figure di merda che mi hanno polverizzato la fama in 5 secondi netti. Grazie a chi ha compiuto gli anni con me. Grazie a chi è venuto a festeggiarmi anche se stava male. Grazie a chi mi fa fare le cose senza pensarci. Grazie a chi è più importante del mio orgoglio. Grazie a chi si ricorda sempre anche se non ci vediamo mai. Grazie a chi ha tentato disperatamente di chiamarmi. Grazie per la bufera di neve che mi ha lasciata bagnata e gelata fino al midollo, ma vittoriosa ed euforica e con le stelle negli occhi. Grazie perché un minuto prima avevo il vestitino i tacchi e la messa in piega, e il minuto dopo correvo bardata di stivaloni pigiami sciarpe e giubbotti a mangiare i fiocchi di neve e fotografarli per mandarli a 4000 chilometri di distanza. Grazie perché ho speso un pacco di soldi ma mi ha reso felice, perché le mie persone erano con me. Grazie a chi mi ha detto "mi sarebbe piaciuto che tu fossi stata mia figlia". Grazie a quelli che tra un brindisi e dieci altri si sono presi cura con me di Orso. Grazie a tutti quelli che mi hanno permesso di montarmi la testa, ripetendomi che ero decisamente in forma. Grazie a quelli che in questi 26 anni hanno cercato con me. A quelli che quando li ho trovati ho pensato "ho trovato qualcosa". Grazie ai ricordi. Grazie a chi continua disperatamente a invitarmi a cena. Grazie agli auguri di facebook, che senza facebook non avrei mai ricevuto ma facciamo finta di niente. Grazie a chi è comparso come una vecchia premonizione che si avvera all'improvviso dopo 10 anni. Grazie a chi capisce. Grazie per tutti i regali, perché sono stata fortunata a ricevere soltanto regali "miei". Grazie a chi c'è. Grazie a chi non c'è, ma è come se ci fosse. Grazie a chi non c'è ma poi torna. Grazie a chi, quando torna, mi fa sentire felice. Grazie a me, per essere riuscita ad entrare in quella casa.
Non ricordo che ora fosse, non ricordo se faceva caldo, se stavo in piedi o seduta, in quell’angolo di ufficio. So di aver pensato “Oh no”, perché mi spiaceva per chi venivi a sostituire. Cosa potevamo avere in comune, c’entrare l’uno con l’altra? Io venivo da certe canzoni gridate, abbaiate, stonate..ma in fondo bastava poterle cantare. Venivo da pacchetti da scartare cogli occhi e pensieri lunghi come il mare e prese in giro, e pomeriggi passati a parlare e bottiglie di vino che costavano poco. Venivo da altalene e abitudini bislacche, e fermarsi a guardare la pioggia incespicando a ogni finestra. Da terrazzi troppo grandi e banchi troppo stretti e sigari che sapevano troppo di vaniglia. Venivo dalla mia musica e lettere con un numero infinito di fogli, e venivo da altri amori che, forse, non capivo. Non lo so quando sia cominciato, con le tue polo e le tue spalle ed il tuo modo di guidare. Non lo so dove ho lasciato i miei piccoli dolori, le mie partite di calcetto e i litri di tè. La gioia, la rabbia, le domande fra i denti e le case sugli alberi. Penso stiano in un tubo di plastica portato di corsa, in una serata strana, un certo modo di accordare gli occhi al colore di una maglia. Eppure io avevo i miei gatti che dormivano al sole e le cicale da ascoltare di notte, e quando ti ho incontrato, a dire il vero non ti ho visto. Guardavo da un’altra parte, e così non mi ero accorta che tu avevi visto me. Quanto tempo è passato? Quanto ci ho messo? Io, tirata su ad aquiloni, a bagni a mezzanotte e scatole di carta, pensavo di poterli fermare lì dov’ero, i miei pensieri provvisori.. come un vecchio carillon da far suonare sotto al letto. Non mi ero accorta che tu già capivi, senza farmelo sapere. Perciò vedi, penso sia presto per dirti qualcosa di diverso dagli auguri che ora ti faccio. Io, le parole, non le uso subito. Tu meno di me, quindi capirai se non mi piace chi appende poesie compiaciute alle pareti. E poi chissà che stai facendo, mentre imbratto questa pagina bianca. Chissà cosa porti nelle braccia, cosa tieni negli occhi.
Non ricordo se ci fosse il sole, e quando tornerai sarà già freddo. Ricordo i tuoi dolci da Pamplona, e non me li aspettavo. È per questo. È perché, di tutti i viaggi, di noioso non ne hai avuto nemmeno uno. È perché ad un certo punto hai cominciato a cercarmi, e prima non lo facevi. È per quando i tuoi occhi sono diventati gentili. Per quando mi hai tenuto l’ombrello. Per avermi scaldato le mani quando avevo freddo. Per aver riso alle mie battute. È per l’imperturbabilità, e il coraggio. Per il modo che hai di portare l’orologio. Per avermi scattato quelle foto prima di partire. Per la tua cucina, e per quando ti ho visto spettinato. È per quando hai cantato in macchina con i finestrini abbassati; la prima volta in cui mi hai sfiorato la mano. Il treno preso in un posto diverso. Per i tuoi polsi, i tuoi discorsi, i tuoi bicchieri. È per non avermi mai detto che sbagliavo. Per lo scoiattolo, per quella cena e quel tuo modo di stringere un biglietto. Per avermi fatta ballare. Per le tue scarpe quand’eri piccolo, e il tuo divano. È per aver capito.
Vero che la nostalgia è una maledetta, ti prende alle spalle d'improvviso. Ti viene per cose stupide mentre posti un dialogo sul blog. Per i finestrini che non tornavano su. Per il fare la spesa col cestino. Per un certo modo di sfiorarti. Solo che non è deprimente: non mi è mai capitata una nostalgia felice.. si portava dietro un sacchettino di rimpanti, o un bel baule di malinconia. Invece oggi ho voglia di sorridere, perché io queste cose le ho. Come pensare che il compleanno passerà in silenzio, se non lo scopriranno loro, perché di sicuro non andrà a dirglielo (come probabilmente faremmo io e la mia straordinaria maturità). E non è tanto per questo fatto del compleanno che mi sento felice. E' perché lo so.
L'altro ieri era il compleanno del Babushka. Non poteva non andare storto il mondo. Per la precisione, dopo essere giunti a Bassano schivando svariati alpini suicidi ed aver finalmente parcheggiato spegnendo il motore con tocco leggero e aggraziato ("N, non hai qualche tipo di handicap così lo esibisci e parcheggio qui?"), la mia voce è sbucata tremolante fissando un punto preciso davanti a me: N: B... c'è qualcosa che esce dalla tua macchina...
NdA: il copyright di Blob non è mio: questa era solo un'orrida fusione di più o meno qualunque cosa sia presente in un motore, con conseguente fumo da "l'amazzonia è in fiamme" ed un fischio a ultrasuoni che segnalava il processo di autodistruzione avviato. Fortuna che c'era il coinqui al telefono (non tutti gli scout vengono per nuocere)! Il B era così in crisi che ho dovuto distrarlo come si fa coi bambini piccoli: gli ho comprato un groviera giallo antistress, un cannoncino sparastellefilantimetallizzate (ovviamente ha scelto quello difettoso), un cono di plastica colorata che spara palline di plastica colorata, un oroscopo che ha predetto che l'avrei abbandonato sull'altare. Abbiamo pure incontrato suo fratello con la morosa che ci ha scambiati 10 a 1 per teneri fidanzatini, tanto per restare in tema. E' arrivato anche Fra, guidandoci alla ricerca di bottigliette di plastica come un segugio (si vede che Indy è in arrivo.. coi reumatismi, ma come si sul dire, meglio tardi che scout). Beh, ci ha anche guidati in bar dove bere, e accompagnati a Cittadella alla ricerca di bar dove bere (con la Sarettaaaa!!!). Detto così è stato proprio un compleanno da Pubblicità Progresso. E comunque preferisco un alpino oggi che uno scout domani.
+1 dal mio compleanno. Per un anno ho pensato, invariabilmente, che l'avrei trascorso con lui. Era l'unica cosa che volevo. E invece non riesco mai a pensare che le cose vadano in un certo modo, e che mi sento molto felice all'idea di quel certo modo, perché subito interviene un gradino su cui inciampare e sparpagliare tutte le carte. Così, alla fin fine, ieri ho compiuto venticinque anni. Senza apprezzarli. Senza sentirmeli. Ma sono arrivati anche questi, e alla mia età mia madre era sposata e stava per avere mio fratello. Io invece sono ancora qui che non so dove sbattere la testa. Credevo di aver trovato qualcosa. Qualcosa di mio. Credevo di fare le cose per bene questa volta, di agire nel modo giusto. Credevo fosse la persona giusta. Invece sono da sola di nuovo... pazienza, ma è questo fallimento che mi pesa in modo straziante. Ed è il fatto che non smetto di volergli bene. Ed è anche quest'incertezza totale, questo sbilanciarmi continuamente, M o O, O o M? Quando tornerà, succederà qualcosa? Mi renderò conto per l'ennesima volta della mia bolla di sapone, né più né meno? Come posso allo stesso tempo stare così tanto male per la fine di tutto e pensare con ansia a quello che succederà fra cinque mesi? Ma ci ho provato, ci ho provato davvero. Non so buttarmi in qualcosa se non tenendoci sul serio.
Non ho più una persona con cui guardare. Ho, adesso, un nuovo obiettivo da cui guardare però... e intendo dire che tornerò ad usare il filtro di una lente. Lente nuova, bella lente fra l'altro. Canon Powershot A570 IS... vediamo se mi farà bene un po' di sano distacco. Di solito mi cura. E' terapeutico, per me, restare in silenzio e guardare il mondo in questo modo.
Amo i gatti, l'oceano, la rabbia, le ninnananne, i grandi animali che si spaventano o perplimono per
piccoli animali, guardare le persone che passano per la strada, gli highlanders, la carta, i musical, Paperino, le rughe, appiccicare cose alle
pareti, le fiabe, avere le dita sporche d'inchiostro, camminare scalza, le bolle di sapone, camminare, l'eroismo, scrivere, scarabocchiare,
quello che sbrilluccica, l'acqua, l'acqua che si muove, l'acqua da bere, l'acqua che ruggisce, l'acqua che si arrabbia, l'acqua che spaventa,
l'acqua quand'è forte, l'acqua quando vince, il silenzio, i libri, le sopracciglia, la poesia, i gelati alla frutta, Spike, il pane,
albe e tramonti, gli abbracci, il lucernario di max per vedere le stelle, l'ironia, le corde vecchie della mia chitarra, tutto ciò che ha zucchero,
i ricordi, biblioteche e librerie, le differenze, il crystal ball, i miei film mentali, il vento, le vecchie cassette, le parole,
leggere tra le righe, gli amici, le scatole, Dr.House, i fiori, l'argento, dormire, il cartone, la latta, i treni, Felicity, le debolezze nelle
persone, i maglioni giganti, prendere da sola i mezzi pubblici, l'impero romano, immaginare le storie che i passanti si trascinano insieme,
perdermi, l'enigmistica, il profumo dell'erba appena tagliata, le altalene, i palloncini, il violino, la scena della Spada nella Roccia in cui
il lupo spelacchiato prova ad inseguire Semola, la frutta, i pennarelli, Lorelai Gilmore, Paperinik, i miei casini, preparare regali e biglietti,
mio fratello, Angel, il the verde senza zucchero, Spiderman, le cuffie, i folpi, i castori, i bastoni della pioggia, la mia bacchetta magica,
la polvere innamorata negli occhi, le mie bestiole dei pomeriggi, Ombretta, sentire all'improvviso il profumo della crema pre-sole, le mucche,
le papere, la nonna, i pistacchi, gli arcobaleni, fare regali, i pacchetti, il mojito, fare l'amore, Venezia, le persone che non hanno sempre
una ragione per ciò che fanno.
Vorrei conoscere Giorgio Bocca; Tom Waits; Dylan; EM Forster; Guccini; Peter Parker; Sirius Black e Remus Lupin. Babbo Natale.
Odio il caffé, gli errori ortografici, Studio Aperto, Minzolini al TG1,
la slealtà, i midi, il modo di fare impostato, parlare per diminutivi (cià ragà il pa'...), il signor B., la musica tunz tunz,
la musica cuore fiore amore, i giovani scrittori maledetti, il monumento a Padova per l'11/9, il freddo, le occhiaie, la tracotanza,
l'estrema destra alla cieca, l'estrema sinistra alla cieca, le letterine, il menefreghismo dell'Italia per la scuola, l'invidia,
le ostentazioni, le forzature, le pose, le lampade abbronzanti, i gioielli della Brail, il traffico, la notte senza buio, Topolino,
il razzismo, il razzismo al contrario, gli spazi chiusi, il Grande Fratello, la scena della Spada nella Roccia in cui Semola-uccellino
è imprigionato nella capanna di maga magò, l'ipocrisia, gli intingoli, il beige, gli atteggiamenti, i contatti formali. Le persone
che dicono "So come ti senti". Le persone con cui non avevo contatti prima e nel 2006 venivano da me come se fossero sempre stati miei
meravigliosi amici ("Come stai?", e pacca sulla splla). Chi molla le cose perché non sono facili. Chi disprezza le cose perché non sono
ragionevoli. Chi cerca di tenermi ferma davanti ad un obiettivo fotografico. Chi si autodefinisce poeta. Chi si autodefinisce umile.
Alzarmi alle sei. I ragni. Il pensiero lento. Il pensiero rigido. Accorgermi che qualcuno mi fissa per la strada. La meschinità. Chi
non si meraviglia. La prosaicità, ovvero: chi non ha almeno un po' di polvere innamorata negli occhi. Non avere Marta.