Non ricordo che ora fosse, non ricordo se faceva caldo, se stavo in piedi o seduta, in quell’angolo di ufficio. So di aver pensato “Oh no”, perché mi spiaceva per chi venivi a sostituire. Cosa potevamo avere in comune, c’entrare l’uno con l’altra? Io venivo da certe canzoni gridate, abbaiate, stonate..ma in fondo bastava poterle cantare. Venivo da pacchetti da scartare cogli occhi e pensieri lunghi come il mare e prese in giro, e pomeriggi passati a parlare e bottiglie di vino che costavano poco. Venivo da altalene e abitudini bislacche, e fermarsi a guardare la pioggia incespicando a ogni finestra. Da terrazzi troppo grandi e banchi troppo stretti e sigari che sapevano troppo di vaniglia. Venivo dalla mia musica e lettere con un numero infinito di fogli, e venivo da altri amori che, forse, non capivo. Non lo so quando sia cominciato, con le tue polo e le tue spalle ed il tuo modo di guidare. Non lo so dove ho lasciato i miei piccoli dolori, le mie partite di calcetto e i litri di tè. La gioia, la rabbia, le domande fra i denti e le case sugli alberi. Penso stiano in un tubo di plastica portato di corsa, in una serata strana, un certo modo di accordare gli occhi al colore di una maglia. Eppure io avevo i miei gatti che dormivano al sole e le cicale da ascoltare di notte, e quando ti ho incontrato, a dire il vero non ti ho visto. Guardavo da un’altra parte, e così non mi ero accorta che tu avevi visto me. Quanto tempo è passato? Quanto ci ho messo? Io, tirata su ad aquiloni, a bagni a mezzanotte e scatole di carta, pensavo di poterli fermare lì dov’ero, i miei pensieri provvisori.. come un vecchio carillon da far suonare sotto al letto. Non mi ero accorta che tu già capivi, senza farmelo sapere. Perciò vedi, penso sia presto per dirti qualcosa di diverso dagli auguri che ora ti faccio. Io, le parole, non le uso subito. Tu meno di me, quindi capirai se non mi piace chi appende poesie compiaciute alle pareti. E poi chissà che stai facendo, mentre imbratto questa pagina bianca. Chissà cosa porti nelle braccia, cosa tieni negli occhi.
Non ricordo se ci fosse il sole, e quando tornerai sarà già freddo. Ricordo i tuoi dolci da Pamplona, e non me li aspettavo. È per questo. È perché, di tutti i viaggi, di noioso non ne hai avuto nemmeno uno. È perché ad un certo punto hai cominciato a cercarmi, e prima non lo facevi. È per quando i tuoi occhi sono diventati gentili. Per quando mi hai tenuto l’ombrello. Per avermi scaldato le mani quando avevo freddo. Per aver riso alle mie battute. È per l’imperturbabilità, e il coraggio. Per il modo che hai di portare l’orologio. Per avermi scattato quelle foto prima di partire. Per la tua cucina, e per quando ti ho visto spettinato. È per quando hai cantato in macchina con i finestrini abbassati; la prima volta in cui mi hai sfiorato la mano. Il treno preso in un posto diverso. Per i tuoi polsi, i tuoi discorsi, i tuoi bicchieri. È per non avermi mai detto che sbagliavo. Per lo scoiattolo, per quella cena e quel tuo modo di stringere un biglietto. Per avermi fatta ballare. Per le tue scarpe quand’eri piccolo, e il tuo divano. È per aver capito.
Amo i gatti, l'oceano, la rabbia, le ninnananne, i grandi animali che si spaventano o perplimono per
piccoli animali, guardare le persone che passano per la strada, gli highlanders, la carta, i musical, Paperino, le rughe, appiccicare cose alle
pareti, le fiabe, avere le dita sporche d'inchiostro, camminare scalza, le bolle di sapone, camminare, l'eroismo, scrivere, scarabocchiare,
quello che sbrilluccica, l'acqua, l'acqua che si muove, l'acqua da bere, l'acqua che ruggisce, l'acqua che si arrabbia, l'acqua che spaventa,
l'acqua quand'è forte, l'acqua quando vince, il silenzio, i libri, le sopracciglia, la poesia, i gelati alla frutta, Spike, il pane,
albe e tramonti, gli abbracci, il lucernario di max per vedere le stelle, l'ironia, le corde vecchie della mia chitarra, tutto ciò che ha zucchero,
i ricordi, biblioteche e librerie, le differenze, il crystal ball, i miei film mentali, il vento, le vecchie cassette, le parole,
leggere tra le righe, gli amici, le scatole, Dr.House, i fiori, l'argento, dormire, il cartone, la latta, i treni, Felicity, le debolezze nelle
persone, i maglioni giganti, prendere da sola i mezzi pubblici, l'impero romano, immaginare le storie che i passanti si trascinano insieme,
perdermi, l'enigmistica, il profumo dell'erba appena tagliata, le altalene, i palloncini, il violino, la scena della Spada nella Roccia in cui
il lupo spelacchiato prova ad inseguire Semola, la frutta, i pennarelli, Lorelai Gilmore, Paperinik, i miei casini, preparare regali e biglietti,
mio fratello, Angel, il the verde senza zucchero, Spiderman, le cuffie, i folpi, i castori, i bastoni della pioggia, la mia bacchetta magica,
la polvere innamorata negli occhi, le mie bestiole dei pomeriggi, Ombretta, sentire all'improvviso il profumo della crema pre-sole, le mucche,
le papere, la nonna, i pistacchi, gli arcobaleni, fare regali, i pacchetti, il mojito, fare l'amore, Venezia, le persone che non hanno sempre
una ragione per ciò che fanno.
Vorrei conoscere Giorgio Bocca; Tom Waits; Dylan; EM Forster; Guccini; Peter Parker; Sirius Black e Remus Lupin. Babbo Natale.
Odio il caffé, gli errori ortografici, Studio Aperto, Minzolini al TG1,
la slealtà, i midi, il modo di fare impostato, parlare per diminutivi (cià ragà il pa'...), il signor B., la musica tunz tunz,
la musica cuore fiore amore, i giovani scrittori maledetti, il monumento a Padova per l'11/9, il freddo, le occhiaie, la tracotanza,
l'estrema destra alla cieca, l'estrema sinistra alla cieca, le letterine, il menefreghismo dell'Italia per la scuola, l'invidia,
le ostentazioni, le forzature, le pose, le lampade abbronzanti, i gioielli della Brail, il traffico, la notte senza buio, Topolino,
il razzismo, il razzismo al contrario, gli spazi chiusi, il Grande Fratello, la scena della Spada nella Roccia in cui Semola-uccellino
è imprigionato nella capanna di maga magò, l'ipocrisia, gli intingoli, il beige, gli atteggiamenti, i contatti formali. Le persone
che dicono "So come ti senti". Le persone con cui non avevo contatti prima e nel 2006 venivano da me come se fossero sempre stati miei
meravigliosi amici ("Come stai?", e pacca sulla splla). Chi molla le cose perché non sono facili. Chi disprezza le cose perché non sono
ragionevoli. Chi cerca di tenermi ferma davanti ad un obiettivo fotografico. Chi si autodefinisce poeta. Chi si autodefinisce umile.
Alzarmi alle sei. I ragni. Il pensiero lento. Il pensiero rigido. Accorgermi che qualcuno mi fissa per la strada. La meschinità. Chi
non si meraviglia. La prosaicità, ovvero: chi non ha almeno un po' di polvere innamorata negli occhi. Non avere Marta.