Oceans...
my glass mask   
lunedì 6 luglio 2009
Costruire un albero

Ieri, una serata intrisa di pacchetti da scartare con quel rumore caldo e complice che produce la carta, croc croc, impreziosisce tutto quello che avvolge, un regalo o un panino appena comprato dal fornaio; intrisa di vino, di scoraggiamenti e di entusiasmi, di nervosismi e di pace, di momenti bucolici da cui lasciarsi trascinare senza preoccuparsi di riflettere, di racconti e discorsi senza fine e carezze tenere senza parole, di erba che aspetta e luna che arriva e scarpe tolte e insicurezze e guardarsi per essere sicuri di essere gli stessi di due settimane fa.
C'è stato spazio anche per le carrambate, con quella ragazza amica di Giulia che non avevo mai incontrato ma che in quel modo faceva già parte di quello che
sono stata anch'io, ed è strano trovare per caso un giorno un tuo pezzetto che ancora non conoscevi.
Perciò oggi ho abbastanza spazio per trovare tutto
simbolico, anche il signore che ho spiato un mattino a leggere un libro fuori dall'ospedale, in macchina mentre aspettava qualcuno, e l'ho guardato con curiosità ma poi ho iniziato a trovarlo ogni giorno ed è diventato anche lui parte di quello che ero. Oggi la macchina era vuota; mi sono chiesta cosa significasse. In fondo un po' invidiavo quei suoi ritagli di tempo, che fosse lì per un motivo da nulla o per qualcosa di grave, lì, dentro quella macchina, con il suo libro, mi pareva che trovasse uno spazio in cui le simpatie o le preoccupazioni non contavano più: per quei pochi minuti la vita era solo lì dentro, come quando ti sta tutta nel diario di scuola fra le versioni, i numeri di telefono, gli adesivi delle star e le firme degli amici o le frasette sul ragazzo che ti piace da morire.
Anche per questo amo il treno. Non dico che vorrei una vita "su un treno" perché non potrei stare senza cose che contano, quelle che mi fanno sbattere la
testa e rompere i denti e stare male e arrabbiarmi e poi dispiacermi per essermi arrabbiata anche se avevo ragione. Dico che proprio perché mi arrabbio, mi sento felice, sbatto la testa, quei minuti racchiusi in un angolo di mondo in cui niente mi raggiunge sono preziosi.
Ci ho pensato mentre camminavo, penso un sacco quando cammino - qualche volta a naso in su e non m'importa d'inciampare finché posso guardare; non m'importa
se per gli psicologi e i loro occhiali guardare in su significa questa o quella cosa, perché, a proposito di nasi, se non si alza il proprio dalle pagine rilegate si può anche essere convinti di poter capire le persone studiando ma io resto ancora perplessa di fronte a questa sicurezza nel trasformare una persona in una serie di caratteri in stampatello. Mi sembra meschino. Ridurre un gesto semplice, liberatorio come guardare il cielo, a un "problema" mi ricorda la volpe che critica l'uva per il bisogno di ridurre ogni cosa in categorie annusabili.
E insieme se n'è uscito di nuovo per conto suo anche il pensiero che in fondo siamo sempre chiusi dentro a qualcosa: sei in casa oppure in macchina oppure in qualche altro edificio, l'ospedale o l'alimentari o il posto di lavoro, e se aspetti l'autobus sei sotto la tettoia, e se vai in spiaggia stai sotto l'ombrellone. Il cielo, in tutto questo, non c'è.
Non c'è mai, non lo si vede e provo nostalgia per quando bastava dondolarsi con forza su un'altalena per raggiungerlo.

Gli alberi. Anche gli alberi coprono il cielo, mi hanno detto. Non è vero. Ma chi l'ha detto ha mai guardato il cielo attraverso un albero? I rami, le foglie,
i nodi del legno, come fai a paragonarlo alla pensilina dell'autobus se tutto ti porta verso l'alto, lascia che gli occhi si arrampichino e salgano - non ha niente a che vedere con un grattacielo che appare slanciato ma non fa altro che schiacciare, schiacciare, schiacciare.
E' quello che costruiamo noi che schiaccia: a me sembra che questa sia la differenza. Gli alberi, per quanto frondosi possano essere, verdi, carichi di
frutti pesanti, secchi, squassati dal vento, sono sempre pronti ad alzarti.
Mi chiedo cos'abbia provato il Tomtom nelle sue notti sotto il cielo, fra le dune del deserto o gli altipiani etiopi o il caldo soffocante della giungla, e
mi chiedo anche quale strabiliante magia lo riporti ogni volta, dopo ognuna di queste esperienze in cui perdersi, da me.
Perciò, nella mia vita, io vorrei essere capace di costruire un albero.

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posted by sand @ 20:38:00  
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Amo i gatti, l'oceano, la rabbia, le ninnananne, i grandi animali che si spaventano o perplimono per piccoli animali, guardare le persone che passano per la strada, gli highlanders, la carta, i musical, Paperino, le rughe, appiccicare cose alle pareti, le fiabe, avere le dita sporche d'inchiostro, camminare scalza, le bolle di sapone, camminare, l'eroismo, scrivere, scarabocchiare, quello che sbrilluccica, l'acqua, l'acqua che si muove, l'acqua da bere, l'acqua che ruggisce, l'acqua che si arrabbia, l'acqua che spaventa, l'acqua quand'è forte, l'acqua quando vince, il silenzio, i libri, le sopracciglia, la poesia, i gelati alla frutta, Spike, il pane, albe e tramonti, gli abbracci, il lucernario di max per vedere le stelle, l'ironia, le corde vecchie della mia chitarra, tutto ciò che ha zucchero, i ricordi, biblioteche e librerie, le differenze, il crystal ball, i miei film mentali, il vento, le vecchie cassette, le parole, leggere tra le righe, gli amici, le scatole, Dr.House, i fiori, l'argento, dormire, il cartone, la latta, i treni, Felicity, le debolezze nelle persone, i maglioni giganti, prendere da sola i mezzi pubblici, l'impero romano, immaginare le storie che i passanti si trascinano insieme, perdermi, l'enigmistica, il profumo dell'erba appena tagliata, le altalene, i palloncini, il violino, la scena della Spada nella Roccia in cui il lupo spelacchiato prova ad inseguire Semola, la frutta, i pennarelli, Lorelai Gilmore, Paperinik, i miei casini, preparare regali e biglietti, mio fratello, Angel, il the verde senza zucchero, Spiderman, le cuffie, i folpi, i castori, i bastoni della pioggia, la mia bacchetta magica, la polvere innamorata negli occhi, le mie bestiole dei pomeriggi, Ombretta, sentire all'improvviso il profumo della crema pre-sole, le mucche, le papere, la nonna, i pistacchi, gli arcobaleni, fare regali, i pacchetti, il mojito, fare l'amore, Venezia, le persone che non hanno sempre una ragione per ciò che fanno.


Vorrei conoscere Giorgio Bocca; Tom Waits; Dylan; EM Forster; Guccini; Peter Parker; Sirius Black e Remus Lupin. Babbo Natale.


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Odio il caffé, gli errori ortografici, Studio Aperto, Minzolini al TG1, la slealtà, i midi, il modo di fare impostato, parlare per diminutivi (cià ragà il pa'...), il signor B., la musica tunz tunz, la musica cuore fiore amore, i giovani scrittori maledetti, il monumento a Padova per l'11/9, il freddo, le occhiaie, la tracotanza, l'estrema destra alla cieca, l'estrema sinistra alla cieca, le letterine, il menefreghismo dell'Italia per la scuola, l'invidia, le ostentazioni, le forzature, le pose, le lampade abbronzanti, i gioielli della Brail, il traffico, la notte senza buio, Topolino, il razzismo, il razzismo al contrario, gli spazi chiusi, il Grande Fratello, la scena della Spada nella Roccia in cui Semola-uccellino è imprigionato nella capanna di maga magò, l'ipocrisia, gli intingoli, il beige, gli atteggiamenti, i contatti formali. Le persone che dicono "So come ti senti". Le persone con cui non avevo contatti prima e nel 2006 venivano da me come se fossero sempre stati miei meravigliosi amici ("Come stai?", e pacca sulla splla). Chi molla le cose perché non sono facili. Chi disprezza le cose perché non sono ragionevoli. Chi cerca di tenermi ferma davanti ad un obiettivo fotografico. Chi si autodefinisce poeta. Chi si autodefinisce umile. Alzarmi alle sei. I ragni. Il pensiero lento. Il pensiero rigido. Accorgermi che qualcuno mi fissa per la strada. La meschinità. Chi non si meraviglia. La prosaicità, ovvero: chi non ha almeno un po' di polvere innamorata negli occhi. Non avere Marta.


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